Non è bastato un tesissimo cdm – sviluppatosi in due riprese, di cui l'ultima protrattasi fino a notte inoltrata – per dirimere alcune delle questioni che dilaniano l'alleanza di governo. In un mese più fitto di reciproche accuse che di provvedimenti realmente realizzati, prosegue la sottile caccia al voto di Lega e 5 Stelle, ufficialmente impegnati a portare avanti il programma condiviso ma con più di un occhio al voto del 26 che dovrebbe, vada come vada, rivoluzionare gli equilibri nella squadra guidata da Giuseppe Conte. Un Conte sempre più rigido e scuro in volto, ci riferiscono occhi indiscreti, invischiato nelle vicende di potere e indispettito dal registro verbale quanto dai toni utilizzati dagli esponenti di governo nelle sessioni di Consiglio. Consiglio dei ministri che, come si diceva, è stato sofferto e per giunta nemmeno risolutivo. Tutto rimandato alle prossime ore. Dietro il no al decreto Sicurezza bis sponsorizzato da Matteo Salvini, un'ulteriore stretta su migranti, ong e strutture di accoglienza, c'è la strategia, per non dire la disperazione, della frangia pentastellata. Arroccati sulle posizioni espresse dal Colle – secondo cui filtrerebbero perplessità su alcuni punti nevralgici del documento ancora da approvare – i grillini sperano di ostacolare fino all'ultimo il risalto mediatico che Salvini punta ad ottenere con la versione "aggiornata" del pacchetto varato a dicembre, di cui, sottolinea un puntuale articolo di Marta Paris sul Sole 24 Ore, fino a ora solo un decreto dei diciassette previsti nella legge ha trovato effettiva conversione. Si può dunque parlare di «urgenza» relativa, nonostante dalle parti della Lega l'emergenza primaria resti quella della Sicurezza.
Ci ha provato in ogni modo a strappare il sì definitivo, Salvini. Ha aspettato una nottata intera, ma alla fine si è dovuto arrendere alle luci del giorno. Poche ore di sonno ed eccolo di nuovo in pista, a reclamare ciò che «non serve a me ma al Paese». Per il titolare del Viminale ogni giorno è buono: «il decreto è pronto, io sono pronto. Hanno chiesto di fare le ultime verifiche. Io mercoledì ci sono, giovedì ci sono...».
Ma a prendere tempo non sono solo i 5 Stelle. Anche lo stesso premier Conte ha rimesso la possibilità che il decreto veda luce prima del voto al parere del Colle, poiché «quando si tratta di un decreto, dobbiamo rispettare il ruolo del Capo dello Stato. C'è un vaglio della presidenza della Repubblica anche più incisivo rispetto a un provvedimento ordinario».
Un vaglio per nulla scontato: pesano questioni di diritto internazionale che non troverebbero aderenza nel provvedimento varato dal ministro degli Interni così come problematiche di attribuzione tra i vari ministeri che hanno competenza nella vasta materia che interessa la questione migratoria.
Altra carne al fuoco di una settimana comunque già molto calda, forse l'ultima da "padroni di casa" (almeno secondo i numeri) per la compagine guidata da Di Maio.
di Alessandro Leproux
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