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Stefano Caccavari e il progetto Mulinum: l’imprenditoria agricola al tempo dei social network



Stefano Caccavari era un giovane studente di economia aziendale esperto di comunicazione web che sognava un futuro in America.

Poi è arrivata una chiamata all’azione inaspettata dal paesino dove è nato e cresciuto in Calabria, che rischiava di veder trasformata la sua terra fertile ma abbandonata in un’enorme discarica.

Spinto dalla volontà di difendere il suo territorio, Stefano ha deciso di sfruttare le sue competenze tecnologiche e aziendali per valorizzare la vocazione agricola del luogo in cui è nato. Per questo ha sviluppato start up agricole che hanno attirato l’attenzione dei media riscuotendo un successo clamoroso, basate proprio sul suo sogno: custodire e valorizzare la propria terra. In questa intervista Stefano Caccavari ci racconta come è riuscito a trasformare questo anelito in una realtà.




Stefano come nasce in te l’idea di diventare un imprenditore agricolo?


«I miei sogni come studente di economia aziendale erano altri. Durante il mio percorso di studi io ero “quello bravo coi computer”, sognavo un futuro in America, viaggi nella Silicon Valley e un lavoro in grandi aziende straniere. Un fatto molto grave e la frase di un mio amico hanno cambiato la mia vita e dato avvio a un nuovo percorso. Nel 2014 le terre di San Floro, il paesino dove la mia famiglia vive almeno dal 700, rischiavano di diventare la seconda peggior discarica d’Europa. La mia è una terra dalla spiccata vocazione agricola ma purtroppo tanti terreni da tempo sono abbandonati. Di fronte a questa situazione un mio amico mi ha chiesto: "Stefano che cosa stai facendo per difendere il tuo territorio?”, e questa frase è stata decisiva per dare inizio alla mia prima esperienza d’impresa, il progetto “Orto di famiglia”. Questa prima iniziativa, che ho avviato a 26 anni, è stata fondamentale perché mi ha permesso di costruirmi la credibilità e la rete di contatti alla base del progetto Mulinum».


In cosa consiste “Orto di famiglia”?


«Mi sono guardato intorno e ho capito che San Floro poteva ripartire dall’agricoltura.

Poi non ho fatto altro che ripartire dalla passione della mia famiglia: coltivare la terra del proprio orto. Sono partito da un terreno familiare e ho realizzato i primi dieci orti che poi ho messo a disposizione di altre famiglie. È stato qui che la mia esperienza nella comunicazione web e social mi è tornata utilissima. Volevo far arrivare alle persone il senso del mio progetto, coinvolgerle in un lavoro collettivo che potesse proteggere il nostro territorio e anche dare alla gente la possibilità di mangiare sano e bene. Grazie a questa combinazione di radici secolari legate al mondo dell’agricoltura e passaparola sui social il progetto è cresciuto, e da dieci orti siamo arrivati in due anni ad affittarne oltre 150, con centinaia di famiglie che sono state pronte ad adottare un pezzo di terra».





Dopo questa prima esperienza come sei arrivato a creare Mulinum?


«Da un po’ di mesi avevo già cominciato a coltivare il primo ettaro di grano. Avevo in testa di realizzare il pane come si mangiava una volta, ma per farlo mi serviva un mulino per macinare i grani a pietra. Anche Mulinum se ci penso è partito da un problema, nel senso che il vecchio mulino dove andavo a macinare i miei grani era stato messo in vendita, stava per essere acquistato come bene da collezione e io non avevo abbastanza soldi per comprarlo. Da questo problema è nata un’opportunità, perché attraverso i miei canali social ho lanciato un crowdfunding cercando di coinvolgere le persone in un progetto ancora più ambizioso: salvare l’ultimo mulino a pietra e valorizzarlo a San Floro, creando una filiera corta sui grani antichi in un casolare dove il grano coltivato diventa farina e questa un prodotto da forno con dietro secoli di sapienza agricola e tradizione».


Qual è stato il risultato?


«È stato incredibile, in novanta giorni abbiamo realizzato un record mondiale raccogliendo 500mila euro da 101 soci privati, dando vita alla prima impresa agricola nata con il crowdfunding. Sono orgoglioso di questo risultato, ma ancor di più mi rende fiero averlo realizzato qui nella mia terra, nel profondo sud, con i tanti problemi che tutti conosciamo. Io, i miei soci e la gente del territorio abbiamo dimostrato che il sud può essere valorizzato non solo con sogni e ideali ma anche con progetti attuabili concretamente. Una volta raccolto il capitale e creata la società, la sfida che mi sono trovato davanti è stata tenere fede alla parola data e sono felice di averlo fatto realizzando il mulino in 4 mesi, come avevo promesso alle persone che hanno creduto in me».





La tua mission è stata da subito difendere il territorio: che impatto hanno avuto queste iniziative in questo senso?


«C’è una frase che mi ha detto mia nonna alla quale tengo molto: tutto viene dalla terra, per questo dobbiamo proteggerla. È per questo che sono partito con queste iniziative, e la mia soddisfazione maggiore sta nel vedere dei frutti concreti. Grazie a queste imprese agricole e a un comitato spontaneo di persone il rischio che San Floro diventasse una discarica è stato scongiurato. Un’altra cosa molto bella che è avvenuta è che grazie alla rassegna stampa e ai social alcuni ragazzi si sono licenziati da aziende biologiche di Londra e sono entrati a lavorare in Mulinum. Si tratta di ragazzi calabresi che sono tornati a casa. Nel tempo sto creando sempre più posti di lavoro, in questo momento ho 12 dipendenti e collaboro con 24 aziende agricole per 250 ettari riqualificati e coltivati».


Stefano come vedi il futuro dei prodotti agricoli italiani, e quale contributo vuoi offrire con la tua attività imprenditoriale?


«Una cosa importante per me è dare la possibilità alle persone di riscoprire i sapori che gustavano da bambini, e i cibi genuini che rischiano di andare perduti. Per me è fondamentale la riscoperta di quello che siamo, tornare alle origini. Per quanto riguarda il mio contributo, il progetto Mulinum non si è fermato in Calabria. Dopo l’apertura del mulino a San Floro sono stato contattato da alcuni imprenditori di un’azienda agricola senese, che si sono innamorati del progetto e mi hanno finanziato il secondo mulino che sta per nascere a Buonconvento, in Toscana. Per questa nuova filiera ho realizzato anche un altro crowdfunding fortunato. Dopo qualche mese anche dalla Puglia mi hanno contattato per realizzare un terzo mulino a Mesagne, nel Brindisino. Ero partito da un sogno e da alcuni valori in cui credevo e dopo diciotto mesi mi sono ritrovato con tre mulini. Per quanto riguarda i progetti futuri abbiamo chiaro il nostro obiettivo. Vogliamo creare un’azienda agricola diffusa su tutto il territorio nazionale, che lavori con mulini e forni che valorizzino la tradizione e la storica qualità dei nostri cibi locali, per poi distribuire i prodotti da forno nelle città più importanti. In questo metodo vedo una rivalutazione del bene agricolo, nel senso che le persone che lo producono entrano in contatto diretto con i consumatori, tagliando tutti i ponti con gli intermediari come centri commerciali e supermercati. In questo modo l’azienda agricola è subito connessa a un territorio e alla sua popolazione».


Qual è il tuo principale obiettivo per il prossimo futuro?


«Il mio sogno è quello di replicare l’esperienza di Mulinum in tutta Italia. L’idea da cui sono partito è questa: crea qualcosa di piccolo che possa funzionare e se effettivamente lo fa espandilo. La start up che ho creato è un modello espandibile perché replicabile. Ricevo continue richieste su Facebook di persone che mi chiedono di realizzare un mulino sul loro territorio, ed è esattamente quello che voglio fare ora. Attraverso il passaparola e le relazioni di fiducia tra persone voglio realizzare mulini che siano un esempio di produzione agricola locale e poi di commercializzazione regionale, per replicare l’idea di Mulinum in tutto il territorio nazionale e non solo».



Stefano con il Dr. Franco Berrino che è stato alla festa della trebbiatura a San Floro il primo luglio 2018, con oltre 800 persone ad ascoltarlo

Secondo te a livello lavorativo qual è il futuro per le giovani generazioni?


«Penso che, a prescindere dall’età che si ha, oggi ci siano gli strumenti per crearsi la propria attività lavorativa e così dare anche lavoro ad altri. Chi vuole trovarsi un posto sicuro può crearselo intercettando i bisogni di una comunità di consumatori e applicandosi con la volontà e gli strumenti giusti. Oggi il mondo offre questa possibilità a qualunque persona».



Di Giacomo Meingati


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