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Striscia Tg1: sull'informazione nessuna imposizione; Carboni, Foa e Salini battano un colpo



Grandi ascolti, dunque, per Giuseppe Fiorello. "Il Mondo alle spalle", il film tv da lui interpretato sulla figura dell'imprenditore Enzo Muscia, Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana, ha dominato la prima serata televisiva di martedì con 5 milioni 869 mila telespettatori e uno share del 23.9%. Grazie a questo risultato Rai uno si aggiudica il prime time con 5 milioni 626 mila telespettatori e il 21.4% di share. Bene anche "Porta a Porta". La trasmissione di Bruno Vespa è stata vista da 1 milione e 307mila spettatori, pari al 13.4 di share, mentre su Rai due il secondo appuntamento con "Giovani e influencer", il nuovo ciclo di ritratti del mondo giovanile, ha registrato 568 mila spettatori con 5.1 di share. Grande attenzione, ieri, anche per tutta l'informazione Rai: l'edizione delle 20 del Tg1 è stata vista da 5 milioni e 754 mila spettatori, con il 24.2% di share, mentre il Tg2 delle 13 è stato seguito 2 milioni e 244 mila spettatori 15.7 di share e il Tg3 delle 19.00 da 2 milioni 244 mila spettatori (share del 12.05%), saliti a 2 milioni 730 mila (12.8% di share) per le edizioni regionali, curate dalla TGR. Sono stati, infine, 1 milione 139 mila, con il 4.3% di share i telespettatori che hanno seguito l'appuntamento con Tg2 Post, l'approfondimento in onda dopo l'edizione delle 20.30. Insomma la tv pubblica va bene, i numeri ci sono. Soprattutto quando ognuno fa il proprio lavoro. I direttori dei telegiornali che fanno i giornalisti, i direttori di rete che si occupano d’intrattenimento e star del piccolo schermo, i conduttori che conducono e via di questo passo.


I problemi iniziano quando qualcuno esce dal proprio perimetro. Come sta avvenendo a Rai Uno dove il direttore di rete, Teresa De Santis, vorrebbe imporre al direttore del Tg1, Giuseppe Carboni, le proprie scelte in materia d’informazione. Il tema è la striscia quotidiana da piazzare dopo l’edizione delle 20, la più importante del sistema televisivo nazionale. Dunque un tassello delicato all’interno di un sistema complesso e articolato dove le scelte non possono essere fatte per favori personali ma devono rispondere a precise logiche aziendali. I giornalisti dei tg, da Luciano Ghelfi a Francesco Giorgino, passando per Alberto Matano e altri ancora (Duilio Giammaria con il suo Petrolio è un grande esempio di cosa vuol dire investire sulle risorse interne ma magari sarebbe meglio metterlo in una fascia oraria più consona) sono pronti a rispondere alla chiamata dell’azienda e del direttore Carboni. Ecco, adesso tocca al direttore del Tg1 dimostrare che l’incarico a lui assegnato non è stata una scelta sbagliata. Un direttore, di qualunque testata, difende i propri giornalisti e il suo spazio di manovra. Quanto sta avvenendo fra Tg2 con Gennaro Sangiuliano e Rai due con Carlo Freccero è un grande esempio. Non può essere la De Santis di turno a dettare le regole del gioco. La Rai non è roba sua, e dei suoi amici, ma roba nostra, visto che paghiamo il canone, altrimenti smettiamola di chiamarlo Servizio pubblico. E comunque a ciascuno il suo ruolo. Compreso il vertice aziendale, Foa e Salini, ai quali nessuno deve poter imporre le proprie scelte. Soprattutto in materia d’informazione.


di Alberto Milani

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