Ci sono due secoli di distanza tra la "politica dei giri di valzer", termine coniato per sottolineare l'estrema disinvoltura del governo italiano nel cambiare alleanze e strategie, e quella attuale, ma la musica non sembra cambiare, almeno nel caso dei condoni edilizi a Ischia.
Il caso, che spacca il Movimento tra la sua ala ambientalista e quella di governo, è quello dell'articolo 25 del decreto sul crollo del ponte Morandi. E già si potrebbe obiettare che Ischia con Genova c'entra poco o nulla. La norma riguarda le case dell'isola delle Flegree distrutte dal terremoto dell'agosto 2017, 2 morti e oltre 500 sfollati, e consente l'accesso ai fondi pubblici per la ricostruzione anche agli immobili che sono in attesa di sanatoria da tre diversi condoni: 1985, 1994 e 2003. Gli immobili poi potranno beneficiare delle condizioni descritte nel decreto del 1985, con vincoli più larghi rispetto ai successivi. Gli immobili coinvolti sono circa 6 mila nei comuni più colpiti: Lacco Ameno, Casamicciola e Forio.
Pesano sulla vicenda le promesse elettorali del vicepremier Di Maio: ricostruzione e evasione delle richieste di condono. Ma le opposizioni riesumano un video proprio di Di Maio che, il 23 agosto dell'anno scorso, diceva testualmente: «Cercate una mia proposta di legge di condono che riguarda Ischia o qualche altra regione, se la trovate mi iscrivo al Pd».
Il disagio tocca le sfere più alte del Movimento 5 Stelle. Il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, aveva da poco finito di dire che si affidava al Parlamento perché modificasse la norma rendendola più accettabile, come dire che in quel modo era assolutamente inaccettabile, che in un post di oggi fa un passo indietro e dà l'interpretazione autentica della normativa. «L'articolo dice che i cittadini di Ischia hanno diritto ad avere una risposta sulla domanda di condono presentata in alcuni casi 30 anni fa. Lo stato deve rispondere a queste persone rimaste senza casa e i terremotati di Ischia hanno gli stessi diritti di quelli di ogni altra parte d'Italia». Per Costa l'articolo non fa che dire che deve rispondere alle domande di condono entro sei mesi. «La risposta alla richiesta di condono potrà essere accolta ma anche rigettata; solo se sarà positiva avranno diritto al contributo per ricostruire la loro casa». Insomma, non un condono, ma solo un doveroso esame delle pratiche che giacciono dimenticate da decenni.
Si dice "più che critica" la senatrice Paola Nugnes, che annuncia di aver presentato un emendamento, mentre il deputato Luigi Gallo ha contribuito a modificare l'articolo in commissione Ambiente: per accedere ogni singolo condono serve l'esame della Soprintendenza responsabile dei vincoli paesaggistici, che avrà sei mesi di tempo, e delle Città metropolitane per il vincolo idrogeologico; e che saranno escluse dal finanziamento le parti delle abitazioni abusive. Sempre contraria però Legambiente. E per il verde Angelo Bonelli «È clamoroso che si condonino case che probabilmente non hanno retto l'urto del terremoto proprio perché costruite abusivamente». E a chi gli chiede perché proprio Di Maio abbia promosso un condono risponde: «Semplice: per una questione di consenso».
di Paolo dal Dosso
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