Massimo Artini, già vice presidente della commissione difesa, in un’intervista a Spraynews, parla dell’Afghanistan, ma interviene anche sulle scelte del Movimento, lasciato da lui tempo fa, definendo quella della Raggi coraggiosa, alla luce delle contraddizioni interne. A suo parere, lo stesso Conte sarebbe più impegnato a tenere saldi i rapporti col Pd che a sostenere la candidata dei pentastellati nella capitale. Sulle suppletive, invece, sottolinea l’incapacità dei gialli a raccogliere le firme in una roccaforte e soprattutto evidenzia come l’abbandono di un elettorato deluso e spaesato possa favorire un candidato senza partiti come Palamara.
Da ex vice presidente della commissione difesa. Cosa ne pensa di quanto accaduto in Afghanistan?
«A mio modo di vedere, è un problema politico. Da un punto di vista prettamente militare gli obiettivi dati, giustificati o meno, sia per quanto riguarda la distruzione di Al Qaida che la formazione delle forze afghane, si può dire che abbiano dato risultati all’80 per cento soddisfacenti. Dal punto di vista politico, invece, in venti anni nessuno è stato capace di creare un senso di Stato e una realtà strutturata e quindi in meno di qualche settimana tutto è tornato a quello che c’era prima del 2001. Fa impressione, per quanto riguarda l’intelligence, come non sia stato possibile prevederlo. Era ovvio che soldati, a cui da 6 mesi non veniva pagato lo stipendio, nel momento in cui gli si sparava addosso, si sarebbero rimessi in gioco altrove».
Come avrebbe dovuto reagire l’Europa?
«Per le nazioni, che non sono gli Stati Uniti, c’era l’opportunità di fare un passaggio almeno di orgoglio, mantenendo alcune posizioni non militari, ma fondamentali per salvaguardare lo Stato di diritto. Un po' come accaduto nei Balcani».
Cambiando argomento, da diverso tempo ha lasciato il Movimento 5 Stelle. Ritiene che Conte possa essere il leader?
«Questo è quanto ha decretato la votazione all’interno di un Movimento 5 Stelle, che si trova in una situazione di completo spaesamento perché, a mio modo di vedere, non ha avuto il coraggio di affrontare prima i problemi che poi si sono avuti nella fase di governo e che ha tutt’ora, ovvero quelli relativi alla strutturazione politica della nuova forza».
Ha sempre denunciato questi problemi. Perché non è stato mai ascoltato?
«Fino al 2018 io avevo torto e loro avevano ragione. A dimostrarlo sono i numeri. La mia era una voce al vento. Solo successivamente si è vista la mancanza strutturale. Quello che fa impressione è il dato delle suppletive e delle amministrative. Se fino al 2014 in Toscana, per esempio, i 5 Stelle si presentavano in tutti i Comuni al voto e piazzavano almeno uno o due consiglieri, pur non essendo forza di governo, ora non hanno la capacità di presentare una lista nemmeno in un Comune».
Ha parlato di suppletive. Non la sorprende che in un collegio importante come quello romano, tra l’altro lasciato libero proprio dal Movimento, non si è arrivati a presentare una lista?
«Non solo il Movimento non è riuscito a prendere le firme, ma nemmeno ci ha provato. E’ un qualcosa di paradossale, considerando che stiamo parlando di un collegio da cui usciva vincente».
Palamara, in campo senza partiti, può essere il catalizzatore di quell’elettorato deluso dal Movimento?
«Sta facendo una sua campagna elettorale, portando avanti un tema scottante che lo ha riguardato direttamente e ritengo lo stia facendo in un modo indubbiamente pregevole, anche perché ha un’opportunità incredibile. Può essere, quindi, una figura che sbaraglia le carte. In una situazione, in cui Forza Italia fa una scelta non comprensibile e in cui il 36-37 per cento che allora votò la Del Re è spaesato, ritengo possa giocarsela. E’ possibile che questo elettorato trovi in lui il riferimento».
Sulle amministrative della capitale, la Raggi ha fatto bene a ricandidarsi?
«Ha lottato per farlo. Ha avuto coraggio e di questo a lei va dato atto. Altri sindaci non si sono ricandidati per cercare posti più comodi come il Parlamento».
L’ex premier Conte ritiene pensi più a sostenerla o a fare la stampella del Pd?
«Non sono io a dirlo, ma le fotografie o meglio ancora la cronaca della campagna elettorale. Non puoi essere agli eventi del Partito Democratico e allo stesso tempo sostenere Raggi che viene attaccata ogni giorno dai democratici. Se fossi ancora un elettore del M5s, avrei più di qualche difficoltà a comprendere tutto ciò».
Nel caso in cui ci dovesse essere un Movimento diverso da quello attuale e più legato alla base, ai territori, sarebbe disposto a rientrarci?
«In questo momento ho un’attività da svolgere e ritengo che in ambito politico debba passare molto tempo prima che si sedimenti quella scossa portata dai 5 Stelle in politica. Non c’è oggi una figura di riferimento che possa continuare quello che immaginavo, ovvero la strada di un terzo polo avulso da un concetto di centrodestra e centrosinistra, ma in grado di portare idee nuove. Questa possibilità, purtroppo, dal 2018 a oggi ce la siamo giocata completamente e ricostruirla è un problema, a partire dal punto di vista semantico. Come spiegare agli elettori che tutto ciò non è stato possibile? Come dirgli che il Movimento non è più l’outsider che tutti immaginavano».
Di Edoardo Sirignano
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