Lorenzo Vanni, candidato alle prossime suppletive nel collegio di Roma centro, presenta le motivazioni che hanno indotto a candidarsi senza simboli e apparati un imprenditore conosciuto e apprezzato nel suo campo. Il suo nome, infatti, legato allo storico locale di via Col di Lana.
Per quale ragione si è candidato?
«Me lo ha chiesto il territorio. Le candidature calate dall’alto sono quelle dei partiti tradizionali che scelgono i loro uomini per partecipare alle elezioni. La mia, invece, parte dal basso, ovvero dalla comunità che mi ha chiesto di mettermi in gioco, essendo titolare di un’azienda storica. Non le nascondo anche che in tanti mi hanno detto chi te lo fa fare».
Quali sono le problematiche da risolvere nel collegio in cui si candida?
«Sono un po' i problemi di tutta la città e del Paese, innanzitutto quelli legati alla gestione dei rifiuti, alla sporcizia, alla poca cura delle strade, dei marciapiedi, dei giardini e quant’altro e poi c’è tutta la parte delle attività commerciali, le problematiche legate alle chiusure e all’impossibilità per le persone di mantenere i posti di lavoro e di mandare avanti le aziende in modo adeguato perché purtroppo non c’è più il lavoro di prima. Bisogna mettere in atto politiche nuove che spingano il turismo, la ricettività e tutto ciò che costituisce il tessuto del centro storico».
Qualora venisse eletto ha pensato di prendere la tessera di un partito?
«In questo momento se dovessi essere eletto sono lontano dalle logiche dei partiti e quindi non mi iscriverò ad alcuno, semmai qualcuno verrà eventualmente con me».
Durante la sua attività ha conosciuto ministri e parlamentari. Chi ha segnato la sua vita?
«Per la mia attività ho avuto modo di conoscere tutti i politici, avendo 56 anni e lavorando da oltre trent’anni nel settore. Da Moro a Andreotti, passando per Craxi fino a De Mita al quale mi lega un particolare affetto per le scorribande fatte insieme al figlio Giuseppe. Ho avuto modo, poi, di conoscere gli attuali Berlusconi, D’Alema, Salvini e Meloni. Ovviamente ho avuto rapporti lavorativi e professionali, avendo organizzato per loro degli eventi. Tutti quanti, in un modo o nell’altro, mi hanno colpito a seconda delle loro caratteristiche».
Considerando la sua conoscenza di questo mondo, perché poi ha scelto di non schierarsi con nessuno di loro? Cosa non funziona, a suo parere, nel modello politico classico?
«Non è il fatto di funzionare o no. La questione è un'altra. Stiamo affrontando un cambiamento epocale in tutti i settori. Ne soffre anche la stessa politica. E’ necessario rivedere e uscire dalle logiche abituali, un po' come sta avvenendo per quanto riguarda l’alimentazione, dove si sta puntando su prodotti a chilometro zero, di prossimità, in grado di rilanciare il territorio. Lo stesso deve avvenire per la politica, che non può più lavorare da remoto, non può chiudersi più nelle stanze dei palazzi. La gente deve poter trovare un servizio. Un tempo c’erano le sezioni dei partiti. Davanti a Vanni c’era la famosa sede storica del Partito Socialista e se uno aveva delle necessità e dei bisogni bussava al portone, entrava e trovava sempre qualcuno quantomeno pronto ad ascoltare. Farò la stessa cosa. Sarò disponibile ad ascoltare le esigenze delle persone. Così è nata la mia decisione».
Non teme di schiantarsi contro gli apparati e le strutture organizzati dei partiti?
«Sono appunto questioni che riguardano loro. Sono fuori dall’apparato. Le dico un paradosso. Pur essendo i partiti molto organizzati, perché hanno relazioni e strutture capaci, sostanzialmente sono lontani dalla gente, di cui si ricordano solo in prossimità delle scadenze elettorali. Finite le elezioni, la dimenticano. Io non me lo posso permettere, vivendo ogni giorno la comunità ed essendo volente o nolente rintracciabile da tutti. Sono e sarò, quindi, sempre con piacere disponibile».
Quale la sua idea sul governo Draghi?
«Sta affrontando problematiche ignote a qualsiasi esecutivo precedente e quindi sta navigando a vista. Fare una programmazione oggi è molto complicato. Detto ciò, non vanno dimenticate le persone e le aziende. Non mi sarei aspettato che la rottamazione ter dovesse essere pagata in un’unica soluzione. Potevano essere trovate alternative e strade diverse per aiutare chi doveva ripartire. Oggi le attività hanno ancora problemi di fatturato e almeno in determinati settori che l’Agenzia delle Entrate conosce, così come il governo, dovevano essere fatte delle differenziazioni. Per non parlare, poi, della problematica delle bollette di luce e gas, che incidono non solo sulle imprese, ma anche sulla gente comune».
Ha avuto la fortuna di conoscere artefici che hanno segnato grandi cambiamenti come Michael Jackson, Giovanni Paolo II o artisti come Renato Zero. Ne è stato influenzato?
«Renato è un mio carissimo amico e farà con noi la sua cena di Natale. Sono una persona molto aperta e se si ha una mentalità del genere si ha la capacità di comprendere che ogni persona, di qualsiasi razza, genere o sesso, ha la sua volontà di portare un qualcosa nella società che va accolta e ascoltata. Il mio motto è io per tutti».
Chi ritiene un vero “maestro di vita”?
«La persona che mi è rimasta nel cuore è il presidente della comunità ebraica Renzo Gattegna perché con lui avevo un rapporto speciale, veniva sempre qua e ci confrontavamo spesso su tante cose. Quando è venuto a mancare sono rimasto davvero rattristato. Diciamo che era un maestro di vita proprio perché era un vero signore».
Qualora fosse eletto deputato, cosa farebbe il primo giorno da parlamentare?
«Porterei le mie figlie, Ludovica e Leda, a vedere la Camera dei Deputati e spiegherei loro che il papà dovrebbe stare là a cercare di aiutare il Paese e la gente, che l’ha portato là e ha bisogno di risposte da quel palazzo».
Di Edoardo Sirignano
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