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Immagine del redattoremarzianovellini

Tanto tuonò che piovve



Ci sono avvenimenti nel mondo dello spettacolo che restano chiusi in un angoletto in quanto il metodo delle sinistre è quello di oscurare tutto ciò che non le è gradito.

Il 21 luglio il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso proposto da Artisti 7607 e non ha approvato il bilancio finale, il piano di riparto e il conto di gestione di “Imaie in liquidazione”, rimarcando che l’individuazione degli artisti effettuata da Nuovo Imaie è stata totalmente inefficiente.

Non voglio rientrare in una vicenda che risale al 2009 (l’ho già fatto varie volte) ma desidero solo ricordare che il Prefetto di allora, ben conosciuto anche per altri motivi, liquidò una struttura che aveva sul conto corrente un tesoretto accusando i vertici di reati penali, e nominò tre amici suoi per proseguire il lavoro con stipendi principeschi.

Risultato: nessuno è stato riconosciuto colpevole di alcunchè, i liquidatori non sono riusciti a liquidare nulla, e Nuovo Imaie si è insediato di forza al posto di vecchio Imaie. Il presidente, ingiustamente accusato, ha oggi 88 anni e negli ultimi dieci si è dovuto difendere da tesi mai provate.

Questa è l’Italia dei poteri occulti sempre collusi con la stampa e la televisione.

SIAE passa dalla gestione monolitica e dispotica di Blandini a quella di un giovane di 38 anni.

Negli ultimi trent’anni quel posto è stato destinato a premiare personaggi che si erano distinti per la gestione di trame ministeriali, che io ho generosamente chiamato Robocop statali. Urbani nel nominarne uno fu ricattato, come gli veniva facile, e Franceschini ha addirittura invertito la direzione politica, che prima era quella di europeizzare la gestione del diritto d’autore consentendo una libera scelta, e ha riaffermato il monopolio Siae.

I suoi allora rimasero di stucco, ma poi compresero che Franceschini aveva a cuore solo gli interessi dei potenti e se ne fregava della democrazia, così come ha poi fatto anche con il cinema.

Certo, che le operazioni Chili, cinema Fiamma, Cinecittà, passino sotto silenzio è realmente uno scandalo, e sarebbe molto interessante capire quali leve esercita il ministro anche in campo avverso, oltre naturalmente alla complicità di Gianni Letta. Il cinema nazionale al 10% del fatturato dovrebbe essere sufficiente per gridare al filminicidio, ma evidentemente bisogna arrivare al cadavere per iniziare l’autopsia.

Parliamo tanto di democrazia, le elezioni sono ad un passo, i leader danno il peggio di se stessi e si offrono tutti di guidare la nazione: sentiamo di nuovo “pensione minima”, pensavamo di averla sepolta visto che le olgettine prendevano minimo 2500 euro al mese, ascoltiamo di nuovo “basta immigrati che ci rubano il lavoro”, assistiamo inebetiti alla questua di posti in parlamento( quanti me ne garantisci, quattro, cinque…), si fa viva la solita radicale che riesce a inciarfugliare con tutti, Mastella con una nuova tinta di capelli, al grido di : “se non c’è più la dignità, è tutto possibile”.

Stiamo seduti ad assistere al disperato tentativo di Conte di diventare onorevole, alla Carfagna di non sparire, dei cespuglietti di trovare riparo con Calenda, di Renzi di rientrare nel PD fregando tutti i suoi, e guardiamo allibiti il carosello di dichiarazioni mentre i veri padroni dell’Italia, i grandi gruppi stranieri, compresa Fiat, stanno a Formentera a prendere il sole, e se ne fottono, visto che lo Stato è una grande torta al cioccolato che si mangia a fette, soprattutto con questi politici.

Nell’attuale caos, chi volete che si occupi di Imaie!

Solo la voce di Barbera, che evidentemente dal palco di Venezia risuona impetuosa, ha infranto il muro di omertà della stampa nazionale, accusando il settore di produrre film bruttini o bruttissimi.

Il direttore ha dato la colpa ai finanziamenti, volendo evidentemente evitare di accusare le leggi ed il legislatore, ma l’affondo ha almeno ottenuto di aprire un fronte opposto a quello di Anica, che tramite il presidente ha auspicato che tutti i soldi vadano ai produttori importanti e non ai poveri disgraziati indipendenti.


di Michele Lo Foco

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