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Tartaro, il re dei chihuahua: «Il Covid ha bloccato lo smercio illegale dei cuccioli dall’Est»



C’è un settore che, seppur con qualche perdita, non conosce crisi neppure in tempo di Covid. È il mondo della cinofilia e della vendita dei cani di razza. Perché gli italiani possono rinunciare a un vestito, ma non a un nuovo amico a quattro zampe, molto utile anche come pretesto per uscire di casa in tempo di lockdown.

Attualmente le expo canine sono sospese al livello nazionale dai dpcm del premier Giuseppe Conte, ma l’Enci (l’Ente nazionale cinofilia italiana, l’organo preposto dal Ministero dell’Agricoltura al mantenimento del libro genealogico del cane di razza e a tutela) ha attribuito i premi per gli allevamenti professionali che si sono distinti nella selezione delle razze.

Paolo Tartaro è, per il terzo anno consecutivo, il re dei chihuahua. Il suo allevamento, che si chiama Di Rio Galeria, si è piazzato al primo posto nella classifica degli allevamenti del Gruppo 9, ovvero quello dei cani da compagnia, anche nel 2020, dopo dodici anni comunque sul podio. Tartaro, che è anche giudice cinofilo apprezzato a livello internazionale, da trent’anni porta avanti una meticolosa e prestigiosa selezione della razza dei chihuahua e, da qualche anno, ha introdotto con successo nelle expo e negli ambienti italiani anche i Japan Chin, una razza ancora poco diffusa in Italia ma già molto richiesta.


«Ringraziamo tutti i giudici che hanno giudicato i nostri soggetti; vogliamo ringraziare i referenti e i proprietari di tutti i chihuahua Di Rio Galeria che, con grande impegno, sacrificio, cortesia e sportività, hanno esposto i loro cani, allevati da noi», ha detto Tartaro. E ha aggiunto: «È solo per questo sforzo sinergico che possiamo raggiungere questo risultato brillante che ci motiva, ci entusiasma e ci rende un po’ orgogliosi». Un orgoglio che Paolo Tartaro sfoggia da tre decenni, durante i quali Di Rio Galeria ha collezionato oltre 900 campioni tra italiani e internazionali nei quattro continenti mondiali ed europei e ha reso felici centinaia di famiglie che hanno scelto i cuccioli dell’allevamento, che si trova a Valmontone, a pochi chilometri da Roma. E che oggi ci racconta cosa significa allevare senza piegarsi alla logica del marketing ma con il solo obiettivo di tendere alla perfezione nelle caratteristiche della razza.


Paolo Tartaro, questo nuovo riconoscimento nazionale arriva in un periodo molto difficile. Che problemi sta riscontrando la categoria durante queste limitazioni per il coronavirus?


«Principalmente a livello di immagine, in quanto essendo sospese tutte le expo non abbiamo possibilità di esporre i soggetti più meritevoli dell’allevamento in competizioni nazionali e internazionali. Poi c’è tutta la questione del calo dei fatturati, in quanto chi lavora con partita iva ha avuto dal governo solo l’aiuto dei 600 euro per i primi due mesi. Eppure noi abbiamo spese importanti, perché allevare vuol dire tutti i giorni cibo, spese di pulizia, spese veterinarie e obblighi burocratici per le iscrizioni anagrafiche dei nuovi cuccioli nati, pagamento tasse e altri contributi».



Quindi state risentendo anche voi della crisi, nonostante continuano le richieste di acquisto di cuccioli?


«Si, certo, se ne risente, ma la categoria riesce ancora a sopravvivere grazie al fatto che la richiesta di soggetti di selezione si è riconsolidato grazie all’unico grande aiuto di questo contesto, cioè al blocco di importazioni coatte, e dunque lo smercio illegale di cuccioli dai Paesi dell’Est».


Parliamo di selezione della razza. Lei alleva da trentatré anni ed è uno dei giudici quotati a livello internazionale. Com’è cambiato l’ambiente della cinofilia negli ultimo anni?


«Sono nati diversi allevamenti, alcuni condotti e gestiti con discreta maestria, molti altri legati solo ed esclusivamente a logiche di marketing, con l’unico obiettivo di produrre cuccioli da immettere sul mercato, senza rispettare i canoni etici di un buon allevatori legati a un discorso di selezione, facendo accoppiamenti mirati atti a produrre il meglio e non la numerosità».





Allora cosa possiamo rispondere a chi cerca chihuahua sempre più piccoli, addirittura quelli che chiedono toy e teacup, il cane che entra nella tazza da tè?


«Sono due termini che assolutamente non sono menzionati nello standard di razza. È soltanto una pura e reale invenzione di venditori che non si creano problemi ad attribuire veridicità a questi termini, spacciando soggetti normotipo e di scarsa selezione per un prodotto di altissima qualità. Quindi, evitate gente di farvi condizionare nella scelta del cucciolo da chi propina cuccioli usando queste affermazioni».



In conclusione, cosa deve fare una persona che si affaccia per la prima volta sul mondo della cinofilia e che vuole comprare un cane non avendo le conoscenze per capire la bellezza di un soggetto?


«Rimettersi sicuramente ad allevamenti riconosciuti Enci, di comprovata professionalità e di lunga esperienza. E posso anche affermare che in Italia ce ne sono molti e sono stati anche d’esempio per diversi neo allevamenti a livello mondiale».






Dunque Made in Italy anche per i cani e la cinofilia?


«Assolutamente sì, per cuccioli nati in Italia in allevamenti di qualità».



di Michelle Ranieri

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