Che la musica abbia virtù terapeutiche è noto sin dalla remota antichità. Orfeo guariva con il suono della sua cetra e in numerose culture l’uso del suono come metodo di guarigione è da secoli attestato. Oltre la “musicoterapia”, non più soltanto pratiche attinenti allo sciamanesimo e alle tecniche dell’estasi, la musica (particolarmente un certo tipo come quella classica) è comprovato abbia un effetto calmante sul cervello umano.
Oggi un significativo e anche lodevole esperimento è stato realizzato in un ospedale di Treviso, dove
in alcune fasce quotidiane, soprattutto negli orari nei quali sono previsti i cicli di chemioterapia, i pazienti potranno ascoltare musica, eseguita dal vivo da musicisti volontari, tutti coordinati dal professor Giorgio Pavan che da subito ha sposato l’iniziativa, che si alterneranno al pianoforte donato allo scopo da Unindustria. Lo scopo è alleviare dunque la sofferenza anche psicologica dei pazienti sottoposti alla chemio con l’esecuzione di brani prevalentemente di musica classica. Un progetto singolare e innovativo inaugurato alla presenza dal Direttore generale Francesco Benazzi e dalla presidente di Unindustria Maria Cristina Piovesana, nonché davanti al sindaco di Treviso Mario Conte.
Benazzi ha così dichiarato: «Può sembrare una piccola cosa questa iniziativa ma è un grande momento, invece, come lo è l’avvio di ogni novità che rende più umano l’ambiente ospedaliero, soprattutto in ambiti così delicati come l’oncologia. Non si tratta solo di accompagnare le attese con un sottofondo; i pazienti troveranno un ambiente più accogliente come sa renderlo la musica, e avranno una distrazione rilassante tutta per loro. Non posso che essere particolarmente grato alla presidente Piovesana e a tutti i suoi associati per la sensibilità che hanno dimostrato nell’accogliere subito la nostra proposta. Un grazie lo esprimo anche al professor Pavan, che ha confermato un legame consolidato col nostro ospedale, ed a tutti i musicisti che è riuscito a riuscirà a coinvolgere in questa iniziativa».
Un gesto di umana empatia che è al tempo stesso un veicolo culturale per le famiglie e i loro stessi malati che affrontano un difficile percorso in un momento della loro vita che ci si augura veder presto replicato in altri nosocomi del Paese che già stanno adottando questa “insolitA2 forma di terapia psicologica.
DPF
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