Le dimissioni minacciate dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa portano a un accordo raggiunto nottetempo tra Lega e Movimento 5 Stelle: in attesa del piano che definisce le aree in cui potranno operare le trivelle, la ricerca sottomarina di idrocarburi avrà una moratoria di un anno e mezzo e i canoni di concessione per le stesse ricerche saranno aumentati di 25 volte rispetto a quelli attuali.
L’intesa verrà inserita nel decreto Semplificazioni, fermato in commissione parlamentare Lavori pubblici prima del suo approdo in aula in Senato proprio per farvi entrare le trivelle. Nel provvedimento misure come il ritorno degli sgravi Ires alle associazioni no-profit, i risarcimenti per le vittime del crollo dell’albergo di Rigopiano.
L’accordo risente comunque di questo sistema di pesi e contrappesi che vedeva sin dall’inizio i leghisti favorevoli e i pentastellati contrari alla trivellazione, fortemente criticati questi ultimi per il sì recente alle concessioni che ha scatenato la ribellione della base e il ripensamento collettivo. Un sì obbligato, secondo lo stesso Luigi di Maio, originato dal preesistente governo e dagli accordi da questo stipulati.
Tra gli alleati le posizioni sono ormai chiare, con i 5 Stelle sempre più “partito del no” ma costretto a dire sì su temi a loro cari in dalla nascita: Tav, Tap e trivelle, appunto. Tanto che lo stesso Matteo Salvini, dopo che i grillini avevano esultato per lo stop alla ricerca del petrolio in mare, aveva detto: «Cominceremo a imporre un po’ di sì, l’unico no è agli sbarchi». Dello stesso tono la replica del Movimento: «Noi siamo quelli del sì alle fonte rinnovabili, al turismo e allo sviluppo economico sano di questo Paese, non siamo certamente “quelli del no”».
Soddisfatto il “quasi-dimesso” ministro dell’Ambiente: «La moratoria è già un bel passaggio verso il no definitivo, abbiamo cominciato un percorso con lo stile rigoroso di tutelare l’ambiente».
Costa ricorda che le royalties italiane sono le più basse d’Europa, quindi l’aumento di 25 volte l’attuale è comunque un successo, anche se la proposta precedente era di aumentarle di 35 volte. Proprio l’aumento era stato il terreno su cui si erano bloccate, testa a testa, le posizioni politiche, con i leghisti che spiegava che il mega-aumento chiesto dai grillini rischiava di mettere in ginocchio le aziende e far perdere così molti posti di lavoro
di Paolo dal Dosso
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