Maurizio Turco, segretario del Partito Radicale, rispetto ai danni d’immagine richiesti dall’avvocatura dello Stato a Palamara per quanto rivelato nel suo libro, dichiara come a suo parere invece «dovrebbero essere chiesti a tutte le persone coinvolte nel Sistema». Il vero promotore dei referendum sulla giustizia, inoltre, si dichiara fiducioso per la raccolta firme e rispetto alla scelta della Meloni di non sostenere tutti i quesiti la accusa «di non ricordare la storia del Movimento Sociale Italiano degli anni 70 e 80». Sul piano politico, invece, non esclude un ragionamento con Renzi, anche lui pronto a sostenere la battaglia del Partito Radicale sulla giustizia, «all’indomani dell’elezione del presidente della Repubblica».
Referendum della giustizia, domani presenterete i quesiti a Napoli nel convegno organizzato dall'associazione Polo Sud. Quanto entusiasmo state registrando in giro per l’Italia?
«E’ la prima volta che anziché fare appelli a firmare, siamo costretti a fare appelli per dire aiutateci a raccogliere le firme perché mai come questa volta c’è un interesse così popolare verso la riforma. D’altronde ritengo che buona parte dei cittadini non avrà certo dimenticato il tradimento del Parlamento del 1987 quando oltre l’ottanta per cento aveva votato al referendum, promosso dal Partito Radicale per la responsabilità civile dei magistrati».
Matteo Salvini spesso fa passare i quesiti referendari come un qualcosa a trazione leghista. E’ d’accordo?
«Di trazione ed è un fatto accertato c’è solo la grande mobilitazione della Lega. In quest’occasione bisogna ringraziare i tanti militanti che continuano ad avere centinaia e centinaia di tavoli per la raccolta delle firme. Dal punto di vista organizzativo sicuramente la trazione è leghista, ma non stavamo certamente competendo su quel piano. Non c’è, infatti, una gara tra le varie forze politiche. L’importante è portare a casa il risultato, ora quello di raccogliere le firme e l’anno prossimo di votare».
Dopo Bettini e autorevoli esponenti del Partito Democratico, anche Matteo Renzi scende in campo per i referendum. Può esserci in futuro un ragionamento politico con il leader di Italia Viva?
«Nascerà un ragionamento politico, come lo chiama lei, all’indomani delle elezioni del presidente della Repubblica e di questi referendum. Sicuramente ci sarà una decomposizione e una ricomposizione del quadro politico del Paese».
Qualcuno, come la Meloni, ha scelto di non sostenere tutti i quesiti referendari. Secondo lei perché?
«Purtroppo la Meloni è giovane e non lo è solo perché dice ai tempi del fascismo non ero nata, è giovane anche rispetto agli anni 70 e 80 quando i militanti del Movimento Sociale Italiano erano perseguitati e quindi hanno conosciuto nel loro attivismo politico la giustizia politica di questo Paese. Se avesse preso coscienza di quello che c’è scritto in quei due referendum che non sostiene, li avrebbe firmati. Probabilmente anche per un distinguo politico. D’altronde non è che Salvini li ha firmati perché ha cambiato idea. Lo ha fatto mantenendo le sue idee, come vediamo nelle tante dichiarazioni che sta rilasciando in questi giorni».
Per quanto riguarda tutti questi aspetti, fondamentali sono state le rivelazioni di Palamara. Allo stesso tempo, però, l’avvocatura dello Stato chiede un risarcimento per i danni all’immagine dello Stato. Quale idea si è fatto sulla vicenda?
«Bisognerebbe prendere tutte le persone coinvolte nel “Sistema” e chiedere a loro i danni. Quella magistratura che oggi ha messo alla gogna Palamara non solo faceva parte di quel “Sistema”, ma continua a farne parte, nel senso che il “Sistema” non è ancora cambiato e non arrivano da parte della magistratura, associata nelle correnti, delle proposte per superarlo. Al di là che si tratta Palamara come un capro espiatorio, l’altra lettura possibile è che evidentemente ci sono altri che al posto di Palamara vogliono fare le stesse cose. Per loro il problema non è quel metodo, quel sistema, ma Palamara e alcune persone. E’ qualcosa di davvero inaccettabile».
A proposito di cambiamenti, cosa ne pensa di tutti i rallentamenti sulla riforma voluta da Cartabia?
«Quando abbiamo proposto i referendum, la prima cosa che hanno contestato a Matteo Salvini è il voler boicottare la riforma Cartabia. Oggi, invece, è palese e chiaro come i referendum sono un argine contro chi vuole boicottarla, perché se anche riuscissero a farlo non potrebbero comunque boicottare i referendum. Menomale, quindi, che insieme alla Lega li abbiamo promossi perché questi quesiti aiutano il processo innescato da Cartabia, un processo in controtendenza rispetto a quella visione inaugurata da Bonafede, che già definirla giustizialista sarebbe farle un complimento».
Di Edoardo Sirignano
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