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Tutti contro Bonafede: esposto dei penalisti contro il video dell'arresto di Cesare Battisti



Si sa, di questi tempi la spettacolarizzazione non conosce più limiti. Tutto, in nome dell'apparenza, può finire sotto gli occhi di tutti, nessun vincolo è ammesso, nessun limite è giudicato invalicabile. Cadute le barriere del pudore, della moralità insita in ognuno di noi, del rispetto anche di facciata per delle prassi, per quelle vecchie maniere tanto screditate quanto rimpiante, è di fatto considerato lecito tutto ciò che non costituisce reato. Non sorprende più allora che direttamente dai profili social di un Ministro della Repubblica, il guardasigilli Alfonso Bonafede nella fattispecie, sia stato diffuso nei giorni scorsi un trailer degno di Bollywood che ritraeva le scene salienti della cattura e traduzione in carcere del terrorista Cesare Battisti, il tutto accompagnato da un sottofondo di musica trionfalistica. Se poi a prendere addirittura le parti dell'ex latitante, in nome della stessa dignità che reclamavano per i propri cari, sono gli stessi familiari delle vittime riconducibili agli anni di appartenenza al Pac del terrorista di Cisterna di Latina, quello che doveva essere un gesto autocelebrativo destinato ad aumentare ego e risonanza del grillino Bonafede, si è trasformato in un clamoroso autogol mediatico. Avendo raggiunto le 900mila visualizzazioni, il video in discussione si è portato al seguito anche moltissime critiche, piovute da ogni parte. Se i primi a farsi sentire sono stati i membri dell'opposizione, anche nelle stesse fila governative c'è chi si è interrogato sul perché di un'operazione così a doppio taglio. Passi il siparietto all'arrivo dell'aereo che portava Battisti in Italia dopo trentotto anni, con Salvini e Bonafede a capo di un inedito comitato di accoglienza sorto sulla pista di Ciampino, ma siamo sicuri che la ricostruzione video in stile youtuber fosse davvero necessaria? Quello che doveva essere un gesto per dare lustro alla prima vera operazione estera del governo gialloverde si è tramutata in una gogna in cui si è riusciti a far passare per vittima il carnefice. Come se non bastasse, oltre allo sdegno di chi vittima lo è davvero, con questa bravata da social network, il Ministro Bonafede si è tirato addosso le ire della Camera penale di Roma che sta già preparando un esposto per esplicita violazione di legge, sia per la rappresentazione, «come un animale», del detenuto, sia perché i filmati che ritraggono persone in manette non sono ammessi. Inoltre, leggendo la nota emessa dalla Camera penale, si apprende che quello che è definita «una occasione, cinica e sguaiata, di autopromozione propagandistica» non è proprio andata giù a nessuno. «Epiteti, frasi e immagini che puntano ad acquisire consenso attraverso il ricorso a un linguaggio del tutto estraneo a quello del costituente, finiscono per consolidare una cultura di disgregazione sociale e di tensione di cui il Paese non ha certamente bisogno». Questo invece il contenuto di un comunicato emesso dal Garante nazionale dei detenuti. Quello che doveva essere il merletto all'operazione, la ciliegina sulla torta, si è dimostrato un gingillo pacchiano e costoso, visti gli strascichi che si porta dietro. E se poi tra le scene del video si rischia di rendere pubblici i volti di agenti di polizia che operano sotto copertura e che si presuppone facciano della discrezione una seconda ragione di vita, il dramma rischia di sfociare in tragedia. Ma Alfonso Bonafede, per l'occasione nelle vesti di moderno Giamburrasca, ha una spiegazione per tutto, un mea culpa di ingenua infantilità, per cui «l’intento non era certo quello di ledere i diritti del condannato, ma dare risalto e lustro agli agenti di Polizia penitenziaria». Quando si dice che a tacere non si sbaglia mai.


di Alessandro Leproux

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