Miss Italia è soltanto una. Il noto concorso di bellezza, che fa parte della storia del nostro Paese e ha portato alla ribalta alcune delle maggiori attrici del cinema italiano, è stata oggetto di una querelle disputata a colpi di carte bollate con l’intervento della magistratura. Tutto ha avuto origine quando la scorsa estate è stato organizzato, dall’Accademia della Moda Maria Antonietta srl, nella tenuta pugliese del cantante Al Bano Carrisi a Cellino San Marco, un concorso denominato “Futura Miss Italia”. Immediatamente lo storico concorso “Miss Italia” di Patrizia Mirigliani ha rivendicato la titolarità esclusiva del suo marchio e ha fatto ricorso alla magistratura. Il Tribunale di Roma, con una ordinanza del 28 gennaio scorso, ha dichiarato l'illegittimità della manifestazione svoltasi in Puglia e ha affermato che si pone in concorrenza sleale con il più noto concorso di bellezza Miss Italia organizzato dalle società di Patrizia Mirigliani.
Come sono andate le cose? Abbiamo girato la domanda direttamente al legale Pieremilio Sammarco che insieme al collega Vincenzo Annibale Larocca ha assistito Mirigliani nella vertenza.
«L’ordinanza del Tribunale di Roma ha proibito l'organizzazione del concorso 'Futura Miss Italia' sulla base dell'identità delle attività poste in essere e dell'uso non autorizzato del marchio Miss Italia, vietando anche l'uso del nome a dominio www.futuramissitalia.com. Inoltre è stata fissata una penale di 300 euro per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento».
Quale era il rischio di una manifestazione simile?
«Il rischio era di una concorrenza sleale a quello organizzato da tanti anni dalla famiglia Mirigliani. Il Tribunale ha ritenuto che c’è stata una contraffazione e un uso indebito dei marchi registrati ‘Miss Italia’ e ‘Concorso nazionale Miss Italia’ che godono di grande notorietà. La a legge stabilisce che possono essere usati solo dai titolari. Quindi c’era una violazione oltre al pericolo di creare confusione».
Anche le regole di partecipazione e svolgimento erano simili?
«E stato ripreso quasi integralmente il regolamento».
Quale è stata la reazione della controparte a fronte della reazione della famiglia Mirigliani?
«Come era prevedibile hanno contestato la nostra tesi».
Il concorso aveva come sede la tenuta di Al Bano. Il cantante secondo lei aveva un ruolo nell’organizzazione?
«Al Bano Carrisi ha mandato una lettera dicendo che è estraneo a tutta l’operazione e si è limitato a dare la location. Però, mi viene da pensare, se non ha niente a che vedere con il concorso come mai nella locandina della gara c’è la sua foto? Se l’hanno usata senza la sua autorizzazione, allora Al Bano può essere vittima anche inconsapevole di questa situazione. Questo aspetto è poco chiaro. Noi legali non abbiamo agito contro Al Bano».
Ci sono stati altri tentativi di imitare Miss Italia?
«È un marchio di grande richiamo, che dà visibilità e c’è sempre qualcuno che tenta di copiarlo o di confondere le persone con iniziative simili. Per la famiglia Mirigliani ho fatto ben 20 ricorsi contro l’uso indebito del marchio Miss Italia. Ho avuto a che fare con Miss Italia Trans e la causa mi è costata l’accusa di o ofobia e razzismo. Sono sorte ‘Miss Italia in miniatura’, ‘Miss Italia sordi, ‘Miss Bella d’Italia’. Tutti ricorsi che abbiamo sempre vinto. Patrizia Mirigliani vuole tutelare la storia della sua famiglia e le ragazze che pensano che dietro a queste manifestazioni ci sia un collegamento con l’organizzazione di Miss Italia».
Ci sono stati usi illeciti del marchio anche su Internet?
«Sul web abbiamo trovato una società che vendeva magliette con marchio Miss Italia e una linea moda per bambini. Anche qui abbiamo avviato con successo un contenzioso».
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