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Ucraina, Alli: “La Cina può riprendersi Taiwan, autocrazie alleate contro democrazie”



“La Cina potrebbe approfittare del momento per occupare Taiwan e sarebbe la dimostrazione che le autocrazie si sono alleate contro le democrazie”. E’ quanto sostiene Paolo Alli, già presidente dell’assemblea parlamentare della Nato.


Quali le vere ragioni, a suo parere, della crisi in Ucraina?


“La guerra in Ucraina c’è dal 2014. E’ sbagliato ragionare come se fosse nata pochi giorni fa. Le radici, invece, sono più profonde. Stiamo parlando dell’amplificazione di un fenomeno che nel Donbass c’era da otto anni. Le ragioni di tutto ciò, a mio parere, sono due. La prima è la necessità di Putin di tenere sempre alto il suo consenso popolare. Non è la prima volta che il presidente russo quando è in crisi per conservare sé stesso e la sua oligarchia fa grandi operazioni muscolari all’estero. Basti pensare alla Georgia, all’Ucraina nel 2014 e alla Siria nel 2017. La seconda ragione è che Putin non tollera che la cultura occidentale della libertà, della democrazia contamini quella russa. Sarebbe la fine del suo sogno neo-imperiale. Ha bisogno al contrario di un grande cuscinetto tra lui e l’Occidente e quindi è normale che non gli bastino le zone oggetto dei cosiddetti conflitti congelati”.


Come finirà questa guerra?


“E’ difficile prevederlo. Ero tra coloro che avevano detto che la guerra non ci sarebbe stata. Non voglio, quindi, anticipare nulla, anche perché non vorrei portar sfortuna. Ritengo, comunque, che Putin verrà messo a un angolo dalla comunità internazionale, come già sta accadendo. La vera discriminante, però, sarà l’atteggiamento della Cina. Se continuerà a fare da sponda alla Russia sarà un problema di riequilibrio globale”.


La Cina potrebbe approfittare del momento per occupare Taiwan?


“La Cina potrebbe approfittarne e sarebbe la dimostrazione che le autocrazie si sono alleate contro le democrazie. Spero, quindi, che la Cina sia un po' più scaltra e furba di Putin e quindi non lo faccia”.


Come si sta comportando l’Europa?


“Putin non si aspettava una risposta così compatta dall’Europa. E’ sempre riuscito a dividerla. Basti pensare alla vicenda energetica. Questa volta, invece, non gli è stato lasciato nessuno spazio. Ecco perché, a mio parere, si è così incattivito e di conseguenza ha spinto sull’acceleratore. Sono abbastanza convinto che all’inizio quella dell’occupazione militare dell’Ucraina fosse un piano b. Sperava al contrario di portare a casa un ulteriore spaccatura degli avversari e magari un riconoscimento della Crimea. L’Europa, pertanto, posso dire che si sta comportando bene. La Germania che blocca la realizzazione del gasdotto, l’utilizzo dell’arma estrema dello Swift, nonostante abbia conseguenze pesanti per l’economia, è la strada giusta. Bisogna capire, infatti, se qualche miliardo di euro di scambi commerciali valga la credibilità”.


L’Ucraina, però, è uno dei principali granai del pianeta. Il pericolo per diversi paesi di restare a corto di una materia prima fondamentale non potrebbe generare altri conflitti?


“E’ strategica anche l’Ucraina, non soltanto il gas russo. Per tale ragione, è importante per l’Italia, anche dal punto di vista economico, che mantenga la sua indipendenza. Stiamo parlando di uno dei più grandi fornitori del Medio Oriente”.


Cosa può succedere in questa zona calda del pianeta?


“Bisogna tenerlo sott’occhio. La dichiarazione di Bashar al-Assad di appoggio a Putin non è un segnale confortante. E’ preoccupante che il presidente russo abbia tutti questi amici in giro, di cui molti pagati”.


Il governo Draghi sta gestendo al meglio le relazioni?


“L’Italia non può chiamarsi fuori dal contesto delle nazioni occidentali. L’esecutivo Draghi fa benissimo a tenere la linea dura. Non abbiamo alternative. Il nostro Paese, forse più di altri, è legato sia a livello storico che culturale con l’Ucraina. Non a caso molte persone originarie di quelle città oggi teatro di guerra vivono da anni nello stivale. Non bisogna, poi, lasciare che la violenza prevalga. Altrimenti l’ordine mondiale verrebbe scardinato, così come il diritto internazionale”.


Si sarebbe aspettato anche da Berlusconi, amico di Putin, una reazione diversa?



Di Edoardo Sirignano

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