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Un sacco di soldi


di Michele Lo Foco

Gli incredibili avvenimenti europei, e la visione pittorica e grottesca di sacchi di denaro e di valigie piene di soldi fanno immediatamente tornare alla mente il libro filosofico di Erich Fromm “Avere o essere”, che sarebbe bene distribuire gratis in tutti i parlamenti e le strutture statali.

Ovviamente gli italiani fanno la figura peggiore, quella di una connection italica, testimone se servisse di una tendenza nazionale alla corruzione.

Un motivo di base c’è: nel nostro paese non esiste una specifica categoria di amministratori professionisti cresciuti in scuole ed ambienti creati per questo scopo, ma al contrario alla gestione delle strutture pervengono spesso politici o sindacalisti, o peggio ancora faccendieri, che considerano quelle strutture come galline da spennare.

Una persona normale, di fronte ad uno scandalo così clamoroso, si domanda: ma una ragazza bella, vice presidente del Parlamento Europeo a 41 anni, che motivo aveva di farsi corrompere? Qui si apre un mondo oscuro: possibile che costei si sia fatta corrompere solo dal Qatar, o più probabile che il suo sia un sistema del quale Lei ha la chiave e che l’ha portata a quelle importanti mansioni?

Detto diversamente, Eva Kaili è diventata vice presidente per la sua bravura nel gestire gli affari sporchi o per altri motivi? E chi guadagnava insieme a lei?

Non credo sia un segreto che lo sport, in ogni sua declinazione, è un pozzo senza fondo di soldi per tutti i tipi di evasione fiscale e di intrallazzi. Qualunque attività sportiva, anche la più oscura, consente margini di guadagno notevoli, e soprattutto quando vengono toccati paesi stranieri, alcuni dei quali privi delle più fondamentali regole del vivere civile, il denaro nero, quello delle valigie, scorre a fiumi.

Se anche la Juventus ha falsificato i bilanci vuol dire che quasi tutte le squadre hanno contabilità camuffate, con valutazioni di fantasia create solo per mascherare la verità. Ma in Italia toccare gli Agnelli o i deputati è difficile, si rischia un corto circuito, mentre in Belgio ti sbattono in galera senza pensarci due volte se hanno le prove.

Il nostro Panzeri, quello delle vacanze da centomila euro, è già stato abbandonato da tutti, in primis dalla Bonino, perché in Italia le maglie si sono subito ristrette e le indagini anche, ma resta la sensazione che mentre si discute animatamente se aumentare le pensioni minime di quindici euro, qualcuno in Europa si è arricchito.

Lo sport (soprattutto il calcio, ma in parte anche l’automobilismo) ha qualcosa in comune con il cinema, nel senso che sono tutte forme di spettacolo, coinvolgono un vasto pubblico, e creano forme di dipendenza. Sono poi difficili da controllare, perché la discrezionalità in questi campi è totale: chi può contestare che un regista guadagni moltissimo o che un giocatore africano valga moltissimo? Non è un caso che molti personaggi dello spettacolo siano poi diventati proprietari di squadre di calcio, in fondo applicandosi ad una materia che sfugge ad ogni indagine, ma che richiede spregiudicatezza e fantasia.

Se un cinese sconosciuto viene in Italia per comprare una squadra di serie A, qualche losca manovra è quasi certa, ma comprenderla è di grande difficoltà, così come lo è capire cosa stiano facendo a Cinecittà. Pertanto è più facile credere che sia tutto a posto e procedere senza domandarsi nulla: il mondo va così.

Intanto i cartoni americani sbancano il box office e l’unica commediola italiana, di derivazione straniera, interpretata da Bisio, in un ruolo non congeniale, e dalla maggiorata preferita dalle strutture Valentina Lodovini, fatica a superare il milione di euro, mentre alle spalle già si ode il rombare di Avatar che farà polpette dei nostri lungometraggi convenzionali creati ad arte dal tax credit.

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