Parla Giuliano Urbani: «In Italia oggi non c’è nessuno statista. Forza Italia? Quante promesse tradite!»
«Berlusconi è fuori tempo massimo. L’Altra Italia non lo porterà da nessuna parte. Bisognerebbe avere la forza, il coraggio e l’onestà intellettuale di fare mea culpa piuttosto che tirarla per le lunghe. Silvio passi la mano e forse, ma solo forse, potrà vedere la luce un nuovo soggetto politico. Ma non credo che lo farà». Giuliano Urbani, classe 1937, politologo, professore universitario, allievo ed amico di Norberto Bobbio, più volte ministro nei governi di centrodestra, è l’uomo che ha elaborato il programma di Forza Italia. Non quella di oggi. No, quella proprio non la riconosce, ma quella degli albori, quella eroica del 1994, cui il l’intellettuale umbro ha portato in dote analisi politica raffinata e un pensiero schiettamente liberale. Nel 2005 ha lasciato la politica, il parlamento e il partito e giura che tutto questo non gli manca.
Professore, vede qualcosa della Forza Italia del 94 nella Forza Italia di oggi?
«Non si può paragonare Forza Italia del 1994 a quella successiva, per la semplice ragione che quella del 94 equivaleva ad una grande speranza. Quella successiva man mano che ha proseguito il suo cammino non ha mantenuto la speranza che aveva creato. La verità è che ha deluso».
Ma non è solo Forza Italia ad essere irriconoscibile. Non crede che sia il paese intero ad essere cambiato?
«Sono due Italia diversissime. Allora, all’inizio degli anni Novanta, uscivamo da due tentativi di costruire in competizione tra loro: quello di Berlusconi da una parte e quello di Occhetto dall’altra. I resti di quello che era stato il Pci provarono a ricostruire qualcosa al di fuori e oltre il comunismo. Oggi non c’è nulla. Né a destra, né a sinistra».
Quando si è reso conto che la rivoluzione liberale promessa non sarebbe arrivata?
«Nel momento in cui Forza Italia ha fatto troppe concessioni ai non liberali e quindi si è messa nelle condizioni di non mantenere le promesse che aveva fatto. C’è’ una sproporzione evidente tra le promesse fatte e quello mantenuto».
Forza Italia nei sondaggi è valutata intorno al 6 per cento, perfino sotto a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. FI è morta o pensa sia possibile uno scatto di reni?
«La grande speranza del 94 è esaurita da un pezzo. Si tratta di riconoscerlo, altrimenti poi ti costringono gli elettori a riconoscerlo e questo è molto più brutto ed antipatico».
Berlusconi ha esaurito il suo ruolo storico, quello che lo aveva portato davanti alla tv per fare il famoso discorso sull’Italia “il paese che amo”?
«Penso che abbia esaurito la sua funzione storica e non da oggi. Aveva promesso quella rivoluzione liberale che non gli è stato possibile realizzare. Attenzione, non credo che i demeriti siano tutti suoi. I demeriti maggior appartengono al fatto che promettere una rivoluzione liberale in un paese come il nostro mi pare una promessa avventata».
Farla con la Meloni e Salvini oggi, prima ancora con Fini, Casini e Bossi. Più che avventata pare impresa difficilissima.
«Se tu non selezioni il personale politico che dovrebbe farla vivere questa rivoluzione liberale naturalmente crei delle aspettative che non sei nelle condizioni di mantenere, anzi le contraddici in qualche misura. Berlusconi continua ancora oggi a riproporre lo schema classico del centrodestra ma lo fa in una situazione completamente nuova e con rapporti di forza completamente ribaltati. Sostenere che il centrodestra unito è l'unica alternativa possibile è la prova evidente che dal recito in cui si è chiuso non intende uscire».
Alle elezioni del 2018 Forza Italia stava al 14,4 per cento. Oggi con quelle percentuali si stapperebbe champagne. La rivoluzione che non ha fatto Berlusconi, potrebbe farla Salvini…
«Già, ma Salvini non promette nessuna rivoluzione liberale. Salvini capeggia una azione politica di protesta, di denuncia. La campagna elettorale a Salvini gliel’hanno fatta e gliela fanno gli eventi. L’uccisione tragica del carabiniere, i continui ingressi di immigrati senza il minimo rispetto delle leggi del paese e della sua sovranità, sono tutte cose che la macchina della propaganda del ministro dell’Interno ha utilizzato a suo favore. Anche le mosse degli avversari sembra che non sortiscano altro risultato che quello di rafforzare il leader della Lega. Per ora la sua musica viene premiata. Il compito di Salvini è molto più facile da questo punto di vista, almeno nel breve periodo. Bisognerà vedere quando si tratterà di costruire qualcosa, se davvero sarà all’altezza della situazione. Per adesso Salvini denuncia una lacuna o un insieme di lacune. Nel momento in cui gli italiani cominceranno a chiedere anche una politica costruttiva, allora quello sarà il momento in cui presumibilmente verrà chiesta a Salvini e ai vari Toti cosa sono in condizione di fare».
Per adesso non gli viene chiesto.
«Non confondiamo quello che potrà succedere con quello che sta succedendo».
Lei Salvini lo considera un politico astuto o uno statista?
«Statista è una parola grossa. Per adesso statisti non ne vedo. Statisti sono quelli che stanno costruendo qualche cosa. Costruttori non ci sono - Dio solo sa se non ve ne sarebbe bisogno - e se ci sono stanno zitti, sommersi dal chiacchiericcio di una lotta politica fatta di denunce e promesse mancate».
Professor Urbani perché Berlusconi non riesce a pensare che qualcun altro guidi il “suo” partito? Si sente il Re Sole di Forza Italia?
«C’è in Berlusconi una identificazione assoluta e totale tra il partito e il suo destino. Non pensa che possa essere sostituito, mentre invece, se non altro fatti generazionali imporrebbero di pensare anche a questo».
Che chance dà alla scissione di Toti e al suo nuovo movimento “Cambiamo”?
«Per ora anche lì siamo in una fase di distruzione, siamo ben lontani da una fase di costruzione. Se seguirà anche una fase costruens lo sapremo tra qualche mese».
Giampiero Cazzato
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