Continua l’empasse dello shutdown. Dura ormai da 34 giorni e gli Stati Uniti sono alla paralisi mentre il president Donald Trump ha visto spronfondare il suo gradimento al 34%. Tutto nasce, come sappiano, dalla richiesta di cinque miliardi di dollari per costruire una barriera fisica con cui separare Stati Uniti e il Messico: un muro che in larga parte già esiste grazie a Obama e, prima di lui, con Bill Clinton. Il Washington Post, ha rivelato che il capo dello staff presidenziale Mick Mulvaney ha commissionato un report sull’impatto di uno shutdown che arriva a fine marzo. Intanto il ministero del Tesoro la lanciato l’allarme su possibili ripercussioni sul dollaro e il numero uno di Bank of America parla di grave impatto sull’economia. È il caos come hanno detto anche i controllori di volo avvertendo che si sta creando una situazione di insicurezza del traffico aereo.
Il Washington Post ha messo l’accento su quello che sta accadendo nelle carceri con il personale di sorveglianza ridotto all’osso che continua a prestare servizio senza essere pagato. Sono 36 mila le guardie carcerarie negli Stati Uniti, considerate dalla Casa Bianca, “dipendenti essenziali”. Questo significa che durante lo shutdown deve comunque presentarsi al lavoro non sapendo nemmeno se il mancato stipendio di queste settimane, gli sarà comunque erogato quando il blocco del bilancio sarà terminato. Il Washington Post però ha contattato dieci prigioni e ha verificato che è raddoppiato il numero delle guardie che ha deciso di starsene a casa, nonostante il divieto normativo. Questo vuol dire che chi continua a lavorare, è costretto a turni massacranti. Inoltre il personale amministrativo spesso è chiamato a sostituire le guardie, pur non avendo le competenze per farlo.
Gli Stati Uniti hanno la percentuale più alta di cittadini in carcere a causa di un sistema intransigente fino all'ossessione. Le guardie carcerarie sono una categoria unica tra i dipendenti federali: sono nella posizione insolita di rischiare infortuni e perino la vita ogni volta che si presentano al lavoro, ma sono anche tra i meno pagati tra gli agenti di polizia federali.
Molti lavorano in aree isolate dove non ci sono strade di grande percorrenza e per raggiungerle sono costretti a passare ore in auto ogni giorno. Il Washington Post riporta quanto sta accadendo nel penitenziario di Hazelton, in West Virginia. I rappresentanti sindacali riferiscono che nelle ultime settimane è aumentato in modo preoccupante il numero delle aggressioni contro gli agenti, mentre il numero di guardie e altri dipendenti che si mettono in malattia è quadruplicato. Una o due volte a settimana, gli agenti sono costretti fare turni di sedici ore. Inoltre quasi ogni settimana viene chiesto a dipendenti che non sono agenti di polizia di sostituire le guardie assenti (in tempi normali succede una volta al mese).
Alcuni sindacalisti riferiscono che i detenuti hanno capito lo stato di disagio delle guardie e ne pprofittano, provocandogli o tentando di corromperli. Intanto cresce la rabbia contro Trump e i politici. Ed è quanto trapela dalle parole del presidente del sindacato degli agenti di custodia, Eric Young: “Che senso ha bloccare il governo in nome della sicurezza dei confini, compromettendo nel frattempo la sicurezza interna?”
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