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Vauro Senesi: Il Tg1 dalla parte degli aggrediti? Non è informazione, ma propaganda bellica



Vauro, la direttrice del Tg1 Monica Maggioni ha detto che il suo telegiornale e tutti i programmi ad esso collegati racconteranno la guerra dalla parte degli aggrediti. Secondo lei, questa è corretta informazione?


No, questa è propaganda bellica pura e semplice. L’informazione si chiama tale perché fa analisi, perché ricerca notizie, perché fa inchieste e, soprattutto, perché cerca di dare un’immagine veritiera di quello che accade. In tutte le guerre, ma soprattutto in questa drammatica, che si sta combattendo sul terreno, c’è parallelamente una guerra di propaganda spaventosa. Scegliere una parte significa scegliere la propaganda per una parte.


Quale è in questa guerra la propaganda predominante?


Se devo essere sincero, è tutta la parte che fa propaganda per l’Ucraina, non tanto per la sua popolazione, ci mancherebbe altro, ma per dare una visione unilaterale di quello che sta accadendo. Nel Paese, dove il corrispondente della Rai da Mosca Marc Innaro viene pesantemente attaccato perché accusato di essere filorusso e dove, se uno si azzarda, me compreso, a fare una critica ad alcune decisioni, anche molto gravi, come, ad esempio, quella di inviare armi, a sostegno della resistenza ucraina, viene immediatamente arruolato fra i filo-Putin e i filorussi e dove si arriva a sospendere un corso su Dostoevskij, perché colpevole di essere nato in Russia, mi pare che tutto questo non si possa più chiamare informazione. Siamo di fronte a un’informazione arruolata da una parte e, quando l’informazione è arruolata, si chiama propaganda.


A proposito dell’invio di armi italiane, non le sembra poco comprensibile il consenso pressoché unanime, che lo ha accompagnato, del Parlamento e dei commentatori politici?


Non è solo incomprensibile, ma allucinante e, a mio parere, anche criminale, perché niente, meglio del proverbio banalissimo “gettare benzina sul fuoco”, descrive quello che ha rappresentato questa scelta assurda. Assurda da qualsiasi punto di vista, non solo etico, morale e costituzionale, ma, anche se io non sono uno stratega, persino militare. Per uscire da questa situazione sarebbe importante arrivare, nel più breve tempo possibile, e invece è già tardi, al “cessate il fuoco”, per poi allargare, in tutti i modi possibili, gli spazi di una risoluzione diplomatica. Inviando armi si finisce per fare, invece, l’esatto contrario.


Lei concorda, quindi, con Papa Francesco, quando dice che contro la guerra si deve impugnare solo la pace?


Quella del Papa mi sembra l’unica voce autorevole a sostegno di una posizione assolutamente condivisibile. Io, che non sono credente, ascolto con molta attenzione le parole di Papa Francesco. Dovrebbero ascoltarle, possibilmente con la mia stessa attenzione, anche altri.


di Antonello Sette

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