Francesco D’Orazio, velista e presidente della Scuola di Mare Asd, in un’intervista esclusiva rilasciata a Spraynews, si dichiara ottimista in vista di Tokyo, nonché sul futuro di questo sport a livello nazionale, ma allo stesso tempo esorta le istituzioni ad adottare una serie di provvedimenti che rendano il mondo della vela maggiormente accessibile a tutti, anche a chi lo fa per passione o semplice divertimento.
D’Orazio, quali i suoi programmi a breve e lungo termine?
«Adesso non ho grossi impegni, dalla metà di luglio, ad agosto e fino ai primi di settembre sono occupato perché sono in navigazione nel Tirreno, in Sicilia».
Ritiene che l’Italia di oggi sia competitiva nel mondo della vela?
«Non in maniera particolare, abbiamo tante nazioni che sono molto più avanti rispetto a noi, nel senso che tutto il diporto nautico è gestito in maniera totalmente diversa. Da noi è lasciato molto in mano ai privati e di conseguenza cresce la difficoltà per chi naviga».
Siamo nell’anno delle olimpiadi. Cosa si aspetta da uno sport, che nel corso degli anni sta cambiando?
«Mi aspetterei volentieri che ci fosse una maggior partecipazione delle istituzioni per dare la possibilità a tutte le discipline sportive di potersi imporre e in qualche maniera emergere. Ce ne sono troppe, infatti, che sono soffocate dal mondo del business, dallo sport che porta denaro».
Detto ciò, a questa rassegna a cinque cerchi aumenterà il bottino di medaglie per l’Italia?
«Penso di sì perché i nostri giovani sono tutti molto preparati e sono stati seguiti bene. Ci sono tantissimi formatori che stanno facendo crescere le classi olimpiche. Presumo che quest’anno possa essere quello della svolta».
Fondamentali sono diventate le nuove imbarcazioni. Ci svela qualche segreto sulle loro lunghezze e sulle caratteristiche per essere vincenti?
«Le nuove imbarcazioni, quelle al top di gamma, navigano con tecnologie avanzate, hanno minor resistenza idrodinamica e certamente non possono essere portate al livello delle maggiori. Sono tanti gli esperimenti che si stanno facendo, che hanno dei costi sicuramente elevati, sia dal punto di vista progettuale che dei materiali, essendo questi ultimi estremamente cari e non facili da lavorare. Difficilmente i cantieri possono affrontare tali tipologie di progetti perché sarebbe per loro non semplice poterli immettere sul mercato. La tecnologia, comunque, sta aiutando moltissimo il diporto nautico, anche per chi utilizza le barche solo per divertimento e non soltanto a livello sportivo».
Rispetto alle tipologie di navigazione, quale il futuro?
«Nel corso degli anni siamo passati dall’utilizzo del carteggio a quello dei sistemi a gps con i nuovi plotter, fino ad arrivare adesso ai moderni sistemi di rilevamento che permettono di monitorare le barche che ci sono intorno a noi, se hanno il sistema di trasponder sia in trasmissione che in recezione e devo dire che prevedo nuovi e importanti cambiamenti. Sicuramente ci sarà un maggior utilizzo di ogni sistema innovativo».
Fondamentale è l’avvicinarsi dei giovani alla disciplina. Possiamo dire ancora oggi che è uno sport per ricchi?
«No perché esiste la possibilità di fare dei corsi di vela e approcciarsi in maniera diversa rispetto a qualche anno fa. Mentre prima la vela era solo uno sport di élite, bisognava avere tanto capitale per poter comprare un’imbarcazione, adesso i ragazzi possono, con l’aiuto dei circoli, che si stanno attivando per fare questo, poter cominciare a praticare la vela sin da piccoli, investendo pochissimi capitali. Basta vedere le graduatorie dei giovani italiani che si stanno imponendo nelle classi piccole a livello internazionale, a partire dagli Optimist ai Laser, fino ai 460 e ai 420».
Per ridurre, in breve tempo, il gap con chi è più avanti di noi, come si può intervenire?
«Ci vorrebbe, intanto, una politica diversa sui privati, che hanno praticamente in mano tutto, mentre in altre nazioni sono i Comuni a essere protagonisti. La differenza tra Italia e Francia è che in quest’ultima i porti sono gestiti quasi tutti dagli enti locali e ciò dà la possibilità di agevolare l’assistenza portuaria, in modo molto più semplice, di quanto avviene nel nostro Paese. Durante le vacanze, ad esempio, i nostri diportisti vanno a cercare le baie dove poter trascorrere la notte perché i porti sono particolarmente costosi. Per sostare con imbarcazioni di 10-12 metri ci vogliono, infatti, dai 120 ai 150 euro, senza avere neanche troppi servizi, cosa che invece altrove non accade. In Francia, una notte in porto si trascorre con 35-40 euro, godendo di tutta l’assistenza possibile e immaginabile».
Volendo parlare di sensazioni in barca, quale possiamo dire che è stata la sua più grande emozione e quale la più grande paura?
«Le emozioni le ho continuamente. Non arrivo mai a un’isola o un approdo nella stessa ora. Ogni volta i colori, gli odori e i suoni che percepisco sono diversi. Questo è il messaggio che voglio trasmettere a chi è in barca con me, ovvero le emozioni che provo quando arriva una raffica di vento, in un tramonto o quando arrivo in un posto della Sardegna e sento il mirto selvatico che mi penetra le narici. Sono tutti momenti speciali che mi riempiono la vita da navigante. Per quanto riguarda le paure, invece, possiamo dire che ci conviviamo. Quando navighiamo affrontiamo qualcosa che è molto più grande di noi, il mare e il vento che hanno una forza che non può essere quantificata, per cui quello che insegno è il rispetto per la natura e il prepararsi a qualsiasi cosa, anche durante una navigazione di poche ore. E’ importante pensare sempre prima a quello che potrebbe succedere e affrontare ogni cosa con
la consapevolezza dei propri mezzi».
Edoardo Sirignano
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