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Venti anni fa, il sì alle donne nelle Forze Armate. Il calendario 2020 di Smd celebra l’avvenimento


Raffaella Angelino


Sembra un secolo, eppure sono passati solo vent’anni dall’ingresso delle donne nelle Forze armate italiane. In effetti, la svolta è avvenuta nel Novecento, ma proprio allo scadere del secolo: il 20 ottobre del 1999. È questa la data che segna la fine di una disparità antistorica e l’inizio di un nuovo corso nella storia militare in Italia.


«Un passaggio epocale», secondo il ministro della Difesa Lorenzo Guerini; stessa valutazione per il sottosegretario Angelo Tofalo, che sottolinea anche «il processo di trasformazione del mondo militare» avvenuto nel momento in cui quella legge ha avuto i suoi effetti.


La “rivoluzione” si concretizza nel 2000, con la pubblicazione dei primi bandi relativi al reclutamento nelle Accademie Militari dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica che riscuotono un successo al di là delle più rosee aspettative. L’adesione da parte delle donne è infatti superiore agli altri Paesi europei. Nello stesso anno, è pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando di concorso per l’arruolamento dei volontari in ferma breve dell’Esercito, aperto a entrambi i generi, con una quota del 30 per cento riservata al personale femminile.


L’accelerazione sui tempi d’ingresso delle donne in questa tipologia di personale, prevista inizialmente a partire dal 2001-2002, si deve, tra gli altri, all’interesse del ministro della Difesa dell’epoca, l’attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.


Il ventennale della legge delega al governo per l’istituzione del servizio militare volontario femminile è celebrato dal calendario 2020 dello Stato Maggiore della Difesa (Smd), nel quale la coincidenza del “due volte venti” enfatizza ulteriormente un passaggio storico che ha contribuito a equiparare l’Italia agli altri Paesi Nato.


Proprio al fianco dell’Alleanza atlantica e delle altre organizzazioni internazionali, le militari italiane si sono rese protagoniste, con i colleghi uomini, delle più delicate missioni fuori area. In Libano, Afghanistan, Kosovo, Iraq, nel Mediterraneo, solo per citarne alcune, le forze armate italiane hanno svolto, e svolgono tuttora in molti teatri operativi, attività di addestramento, di mantenimento della pace, di supporto alle istituzioni e alla società civile nelle quali l’attività del personale femminile è talvolta determinante per la riuscita delle operazioni.


Per quanto il lavoro militare sia comune a entrambi i generi, la presenza delle donne è tanto più preziosa nelle aree di crisi in cui il “gender gap” risulta ampio. Infatti, molti progetti di Cooperazione civile e militare (Cimic) portati avanti nel corso degli anni dai militari in missione hanno avuto come obiettivo il miglioramento della vita delle donne, nel rispetto delle culture d’origine.


La fiducia che le donne hanno riposto in altre donne è il valore aggiunto delle missioni italiane. Militari come la giovane “basco blu” impegnata nella missione Unifil, e ritratta sulla copertina del calendario di Smd, con la loro professionalità, sono la dimostrazione di quanto i venti anni trascorsi dal 1999 possano sembrare un tempo lontano, se si considerano i risultati ottenuti. Ma, al tempo stesso, un periodo breve dall’introduzione di una norma che rende “uguali”, anche in ambito militare, cittadine e cittadini italiani, nello spirito dell’articolo 3 della Costituzione.


L’evoluzione legislativa apportata dalla legge 380 del 1999, che consente alle italiane di partecipare ai concorsi per il reclutamento in tutti i ruoli delle Forze Armate e della Guardia di Finanza, si inserisce in una fase di mutamento storico e di grandi riforme nella Difesa italiana. Sono gli anni in cui l’Italia adotta un sistema militare su base “professionale” (2005), fondato – con la sospensione della leva obbligatoria – sul personale volontario, e non più coscritto, al sistema di sicurezza e difesa nazionale e internazionale.


Essere arrivati ultimi alla meta ha consentito all’Italia di bruciare le tappe, cosicché le oltre 16 mila donne impiegate nelle Forze Armate operano in ogni settore e – sottolinea la Difesa – sono in grado di aspirare a qualsiasi carriera, grazie ad un modello di reclutamento senza preclusioni di formazione, di incarichi e di impiego.


La strada verso la parità in ogni settore è ancora lunga. Tuttavia, quando l’esperienza delle donne, delle militari italiane, professioniste in ogni dimensione – sul territorio, per aria, in mare – incontra la grande tradizione dei calendari militari, non può che essere un buon anno.

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