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Verso il no-deal: il Parlamento di Londra boccia ancora il piano May per una soft brexit


La Premier britannica Theresa May

Non è bastato l'appello all'unità così come la promessa di "barattare" il proprio seggio di Primo Ministro in cambio della ratifica dell'accordo, per la terza volta il piano di uscita controllata dall'Ue di Theresa May è stato bocciato dal Parlamento di Londra. Ci si avvia dunque verso una hard brexit i cui contorni sono ancora incerti e tutti da delineare. Prima del voto la leader dei Tories chiedeva a gran voce di mandare «un messaggio chiaro al Paese e a Bruxelles» per non rischiare «un salto nel vuoto». Ebbene, ora la possibilità di no-deal per la data di scadenza concordata con l'Ue, il 12 aprile, diventa una quasi certezza, come lo spettro della possibilità che il Regno Unito partecipi effettivamente alle elezioni Europee di maggio.


Il piano per una Brexit controllata è stato respinto da 344 deputati contro i 286 favorevoli. Tra i detrattori, oltre a 234 laburisti, 34 deputati del Partito nazionale scozzese, i 10 parlamentari del partito unionista nordirlandese (Dup), 16 indipendenti e 4 gallesi di Plaid Cymru, sono risultati decisivi i voti di 34 "ribelli" dei Tory.

La premier Theresa May ha commentato con evidente sconforto l'ennesimo risultato negativo del suo lavoro, parlando di «implicazioni gravi» conseguenti al voto, e della necessità di «una nuova alternativa». La May ha sottolineato come «mancano solo 14 giorni (alla data per presentare un piano di uscita controllata) e «non c'è abbastanza tempo» per discutere, formulare e ratificare un nuovo accordo. Inoltre, ha precisato il Primo Ministro, bisogna «tenere conto che ogni richiesta di estensione all'Ue dovrà essere motivata, accolta da tutti gli altri 27 membri dell'Ue e comporterà la partecipazione alle elezioni Europee». Nonostante la batosta in Parlamento, la leader del partito conservatore non ha lasciato intendere di voler rassegnare le proprie dimissioni, anzi, ha semmai ribadito di voler continuare a lottare per un'uscita ordinata del Regno Unito dall'Unione Europea.


Di tutt'altro avviso il leader dei laburisti Jeremy Corbin, secondo cui «la Camera è stata chiara, questo accordo deve cambiare». Per Corbyn «se la premier non vuole accettarlo, deve dimettersi ora, non un prossimo futuro e lasciare che il Paese decida del futuro del Paese attraverso elezioni generali». Invoca le dimissioni della May anche la rappresentanza dei falchi della Brexit. Steve Baker, vice presidente dell'influente gruppo European Research Group (Erg), che riunisce circa 100 deputati conservatori guidati da Jacob Rees-Mogg, ha invocato «la sconfitta finale per l'accordo di Theresa May» e ne ha chiesto le dimissioni «perchè un nuovo leader possa consegnare un accordo di uscita che sia approvato dal Parlamento. È stata una tragica perdita di tempo e di energia per il Paese – ha concluso il suo intervento il deputato conservatore – non possiamo permetterci di perdere altro tempo».


Intanto dall'Ue arrivano puntuali le prime reazioni alla scomoda bocciatura che rischia di coinvolgere il Regno Unito alle vicine elezioni. Daniel Tusk, presidente del Consiglio europeo, ha twittato: «Alla luce della bocciatura dell'accordo di divorzio, ho deciso di convocare un vertice Ue il 10 aprile». Il 12 resta infatti la data concordata per l'hard brexit, l'uscita di scena della Gran Bretagna senza accordo che ne ammorbidisca gli effetti a breve termine. Una proroga a questa scadenza comporterebbe infatti l'ammissione del Regno Unito alle Europee, l'elezione dei suoi candidati, con ripercussioni sulla composizione delle istituzioni Ue una volta che l'accordo venisse raggiunto. Intanto, secondo fonti interne la Commssione Ue «deplora» la bocciatura all'accordo di uscita. Il portavoce riporta anche che la data del divorzio è stata prorogata al 12 aprile e aggiunge che «spetterà al Regno Unito indicare la via da seguire prima di tale data: uno scenario di "no-deal" il 12 aprile è ora uno scenario probabile. L'UE si sta preparando dal dicembre 2017 ed è ora pienamente preparata per uno scenario di "no-deal" alla mezzanotte del 12 aprile. L'UE rimarrà unita».


Reazione temperata delle borse europee, che seppur hanno quasi dimezzato il loro indice, mantengono tutte il segno più: Londra (+0,4%), Parigi e Francoforte (+0,7%), Madrid (+0,6%) e Milano (+0,5%).


di Alessandro Leproux

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