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Verso una hard Brexit, Juncker insiste sul no a nuovo accordo



L’entusiasmo della stampa britannica è durato qualche ora. Dopo il voto della Camera dei Comuni che ha autorizzato la premier Theresa May a rinegoziare l'accordo con l'Unione europea, escludendo un rinvio della Brexit, i siti dei maggiori giornali titolavano pieni di soddisfazione a quella che sembrava una via d’uscita dall’empasse in cui Londra si trova. Ma a stretto giro il presidente della commissione Ue, Jean Claude Juncker, ha gelato l’otimismo. L’accordo raggiunto con May resta «il solo e il migliore possibile», e non sarà rinegoziato. Quanto al voto in Parlamento non ha fatto altro che «accentuare il rischio di un'uscita non ordinata e quindi dobbiamo continuare a prepararci per tutti gli scenari, anche i peggiori».

Dichiarazioni rilasciate dal capo negoziatore della Ue Michel Barnier: «Siamo uniti nel rispondere a Londra che l'accordo non si tocca».


È ormai chiaro che Bruxelles è ferma su una posizione che non considera trattabile. Non ci sono più margini di trattativa. I mercati se ne sono accorti e l’andamento al ribasso della sterlina indica che la grande fuga dal Regno Unito è cominciata. Una no deal Brexit è data per scontata, così come il disastro economico che seguirà. Il nodo da sciogliere è principalmente quello del backstop? È una sorta di cintura di sicurezza che permetterà di avere un confine non rigido tra l’Irlanda del Nord – che fa parte del Regno Unito – e la Repubblica dell’Irlanda una volta formalizzata la separazione del Regno Unito dal resto dell’Unione Europea. In pratica, la situazione rimarrebbe uguale a quella attuale malgrado l’entrata in vigore del nuovo “confine”: l’Irlanda del Nord rimarrebbe nel mercato comune europeo e nell’unione doganale senza quindi che vengano ripristinati i controlli alla frontiera con l’Irlanda.


Ma in questo modo l’Irlanda del Nord continuerebbe di fatto a far parte dell’Unione Europea, almeno dal punto di vista economico, mentre il resto del Regno Unito si troverebbe fuori. Il governo britannico contesta ai negoziatori europei di minacciare quindi l’integrità del Regno Unito, e vorrebbe che in caso di mancato accordo tutto il territorio britannico rimanesse nel mercato unico (cosa che invece non piace all’Unione Europea).

Intanto continua inesorabile il conto alla rovescia verso la Brexit fissata per il 29 marzo. «Non c'è un'azienda nazionale che oggi non faccia preparativi per il no deal», commenta la Confindustria britannica. Il Ceo di Goldman Sachs, David Solomon, in una intervista alla CNBC, ha annunciato il taglio degli investimenti e lo spostamento di personale se ci sarà una hard Brexit. Attualmente il gruppo bancario ha 6mila dipendenti in Uk ma secondo un report del Financial News, potrebbe spostarne 700 in Europa. Goldman Sachs non è l’unico a prospettare questo scenario. Altre banche e industrie stanno preaparando piani strategici per lasciare in tutto o in parte Londra e spostare il quartiere generale in piazze più tranquille come Francoforte, Parigi, Lussemburgo.

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