Gli anti-berlusconiani irriducibili rileggano Palamara Il giornalista Furio Colombo chiede per il Cavaliere l’oblio. In nome di una giustizia ingiusta.
“Con una fiducia cieca in un una giustizia marcia, il mio amico Furio Colombo scrive sul Fatto quotidiano l’ennesimo articolo su Silvio Berlusconi, rimpiangendo che non sia passato per le patrie galere, e che anzi venga scortato dai carabinieri, «riceva il saluto marziale e metallico dei corazzieri», che molti militari di molte armi si irrigidiscano al suo entrare e al suo uscire con il loro saluto a questa autorità impropria ma resistente. Potrebbe essere plausibile se, negli stessi giorni in cui Colombo legge il libro di Giuseppe Pesce Il lato B, centinaia di migliaia di italiani non avessero acquistato e letto il libro di Sallusti con Palamara in cui si chiariscono molti aspetti inquietanti sulla condanna di Berlusconi. Avendo lavorato per Agnelli, diffamato sul suo stesso giornale in un articolo di Tomaso Montanari, Colombo non può non sapere quale fu il rapporto di sudditanza dello Stato nei confronti di Agnelli, e quali fossero le incriminazioni di cui avrebbe potuto rispondere la classe dirigente della Fiat, parzialmente risparmiata dai magistrati.
Ma soprattutto, sulla base dei paradossi giudiziari, come carabinieri e corazzieri abbiano salutato nel corso dei suoi mandati parlamentari Palmiro Togliatti, personalità politicamente certo più significativa di Berlusconi, e certamente responsabile della morte di Imre Nagy, ex presidente del Consiglio ungherese, avendo condiviso e sostenuto l’intervento armato sovietico contro la rivoluzione ungherese. Un comunista insospettabile come Pietro Ingrao ha testimoniato la soddisfazione di Togliatti per l’avvenuta invasione della ribelle Ungheria: e quando gli confidava di non dormire la notte per le vicende ungheresi, il segretario rispondeva di «aver bevuto un bicchiere di vino rosso in più» la sera del 4 novembre 1956. Analoga la posizione rispetto al maresciallo Tito, nonostante la persecuzione di innumerevoli innocenti con la disumana pratica delle foibe. Il 7 novembre 1946 Togliatti va a Belgrado e rilascia all’Unità la seguente dichiarazione: «Desideravo da tempo recarmi dal maresciallo Tito per esprimere la mia schietta e profonda ammirazione». Indiscutibile complice, nonché diretto responsabile di assassinio, come lo fu Mussolini con Matteotti, fautore della politica di Stalin, Togliatti ha avuto responsabilità storiche e politiche di gran lunga superiori a quelle di Berlusconi. Eppure, da ministro e da parlamentare, nessuno gli ha risparmiato gli onori dovuti al capo di un partito. «Berlusconi deve essere condannato a priori perché è un mascalzone!». Come sembra ignorare le responsabilità di Togliatti, così Colombo è certo di quelle di Berlusconi. Lo indurrei a meditare su queste parole di Palamara: «La magistratura – si legge nel libro – vuole farsi trovare pronta ai bloc[1]chi di partenza della nuova sfida a Berlusconi. È un segnale al governo che sta per arrivare, ma anche al nostro interno: non tollereremo un’opposizione blanda al berlusconismo». Solo dopo mi occuperei dei saluti dei corazzieri.”
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