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Xi Jingping e Mattarella “costruiscono” la via della Seta: l’Italia sarà un partner non una colonia



Sergio Mattarella, da siciliano e da saggio politico ex democristiano qual è sa che forse di Luigi Di Maio tra qualche anno non si parlerà più nei telegiornali delle sera, al più a“Chi l’ha visto” e, sa anche che, forse, anche lo sceriffo della Lega, Matteo Salvini una volta esaurite le cartucce securitarie e fatta (perché si farà) la Tav Torino-Lione dovrà tornare nell’alveo del fiume, perché strumenti di distrazione di massa non è che si trovano agli angoli della strada tutti i giorni. E alla fin fine l’italiano, che si stufa facile, si stuferà pure di mettersi in fila per i selfie. Quello che rimarrà però di questa stagione complicata potrebbe essere proprio quella Belt and road che il presidente cinese ha idealmente percorso ieri per la sua vista di Stato nel Belpaese.


La nuova Via della Seta ormai è una realtà e la speranza dell’inquilino del Colle è che un domani a percorrerla siano politici meno improvvidi di quelli che il mercato politico offre al momento. E dunque nel suo incontro al Quirinale con il presidente Xi Jingping il Capo dello Stato annuncia che la «cooperazione tra Italia e Cina sarà confermata e rafforzata». La firma del memorandum Italia-Cina, ha detto il capo dello Stato «è un segno dell’attenzione per una cornice ideale per un incremento delle collaborazioni congiunte tra imprese italiane e imprese cinesi». Mattarella ha voluto sottolineare che la Via della Seta «è una strada a doppio senso e lungo di essa devono transitare non solo commercio ma talenti, idee, conoscenze». Insomma, ha voluto mettere in chiaro gli amici cinesi che non possiamo acconciarci al modesto ruolo di teste di ponte dell’espansionismo cinese, ma che su quella strada, in direzione del Celeste impero, dovranno transitare merci, conoscenze, imprese e cultura italiane. Perché il ministro di Pomigliamo d’Arco queste cose qui non è che le abbia poi precisate bene nella sua recente visita in Cina. Al punto che qui da noi ci si ricorda solo del ridicolo spot sul viaggio in economy.


Xi nel suo intervento rimarca la profonda amicizia tra i due popoli . «Guardando il mondo ci troviamo davanti a un cambiamento epocale - spiega il presidente cinese - la Cina e l’Italia sono due importanti forze nel mondo per salvaguardare la pace e promuovere lo sviluppo. La Cina vuole lavorare con l’Italia per rilanciare lo spirito di equità, mutuo rispetto e giustizia». E giustizia sta anche per diritti umani. Un accenno al tema lo ha fatto espliticitamente Mattarella: «Alla luce del mandato italiano nel consiglio per i diritti umani dell’Onu, desidero auspicare che, in occasione della sessione del dialogo Ue-Cina sui diritti umani che si svolgerà a Bruxelles dopo quella che si è svolta a Pechino lo scorso luglio, si possa proseguire in un confronto costruttivo sui temi così rilevanti». Come sottolineava stamattina su Repubblica Rampini con la visita a Roma Xi «incassa un successo simbolico evidente»: l’Italia è il primo paese del G7 che aderisce ufficialmente al piano Belt and Road. «Xi si presenta come il globalista del nostro tempo, con una visione positiva dei commerci mondiale, mentre l’America si ripiega nell’isolazionismo sovranista. Ma è davvero così?» si domanda Rampini. E ci ricorda che il mercato cinese ha una tradizione protezionista molti più antica di quella trumpiana».


Insomma, il nodo ancora non chiaro è quali impegni concreti e verificabili abbia assunto Pechino con il governo Conte «per trattare in modo equo e con reciprocità» le aziende italiane. Nodi che si scioglieranno presto. Sabato intanto a villa Madama saranno firmati gli accordi tra imprese e istituti di Cina e Italia. Sono in programma oltre 30 accordi e le aziende saranno rappresentate dagli amministratori e dai presidenti. La lista è ancora riservata ma filtrano, per intese grandi e piccole, i nomi di importanti imprese italiane, da Ansaldo a Snam. Tutti e due i giorni della visita della delegazione cinese saranno comunque accompagnati da incontri finalizzati a potenziare gli interessi economici tra i due Paesi. Con un ruolo strategico che sarà giocato da Cdp. E non è superfluo ricordare che il numero uno di Cassa Depositi e Presiti è anche co-presidente del Business Forum Italia-Cina, finalizzato a potenziare le relazioni d'affari tra i due Paesi. Pensare che la Via della Seta altro non sia che una strategia di invasione economica dell’Europa è una sciocchezza che lasciamo volentieri a Trump. La Cina è attraversata da un cambio epocale e sta provando ad orientate il proprio sviluppo da un sistema fondato sulle esportazioni ad uno che sia più incentrato sul mercato interno. La Belt and Road gli serve anche per questo. Che preferisca trattare con i singoli paesi è ovvio: avrebbe così un potere contrattuale maggiore. Insomma più che preoccuparsi delle mire cinesi l’Europa dovrebbe preoccuparsi di parlare con una voce sola su una questione enorme come quella della Via della Seta.


di Giampiero Cazzato

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