Roberto Vetrugno, leccese, professore universitario di Lingua italiana è un mio antico amico, fin dal mio primo anno di Università a Pavia, dove era ai tempi giovane insegnante. Studente e professore, divenimmo velocemente e imprevedibilmente amici inseparabili e mi insegnò molto non solo sulla sua materia ma in generale, fu sicuramente una figura importante nella mia formazione. Quindici anni sono passati da allora e la vita ci ha portati per città e percorsi differenti; non lo vedo da molto tempo ma abbiamo continuato a sentirci sempre, poco ma regolarmente, con affetto e stima reciproca. Da alcuni anni Roberto ha intrapreso una carriera parallela di scrittore, e oggi sta facendo assai discutere con il suo nuovo libro Umiliati per Vallecchi Editore di Firenze, sugli uomini distrutti dalla fine del loro matrimonio e dal non riuscire ad accettarla. Per via della nostra storica amicizia, mi ha fatto molto piacere intervistare Roberto sul tema.
Umiliati si pone come libro a tratti provocatorio e politicamente scorretto. Lo definiresti un libro contro l'amore coniugale, o no, o solo in parte, e perché?
No, non è contro l’amore coniugale: per me la letteratura va nel profondo, nel sottosuolo, non contro qualcosa o qualcuno. Ho voluto raccontare la violenza domestica che si nasconde all’interno delle coppie e delle famiglie da un punto di vista maschile, non è un’inchiesta ma è un viaggio esistenziale, quindi tragicomico. Nelle coppie e nelle famiglie a volte si generano conflitti e molestie psicologiche, ciò riguarda sia l’uomo che la donna. Lo psichiatra Laing già molti anni fa ha scritto un libro intitolato “Normalità e follia nella famiglia”, in cui spiega che il disagio psichico, anche grave, può nascere o essere indotto dalle relazioni famigliari. E anche la cronaca dimostra che quasi ogni giorno all’interno della famiglia prendono forma violenze e persino omicidi. La cosa affascinante e inquietante per me è che all’origine di questo ci siano varie forme di amore. Questi rischi dei rapporti amorosi riguardano le nostre capacità di relazionarci ed è ora di superare le distinzioni di genere. Le degenerazioni dell’amore possono diventare infatti forme di possesso, di chiusura emotiva e sociale.
Ti è capitato per questo libro di essere accusato di maschilismo, o di dare una visione negativa delle donne, anti-femminista, e nel caso cosa risponderesti?
Non è stato accusato di maschilismo e per fortuna! Meglio non ragionare in termini di maschilismo e femminismo se vogliamo promuovere una cultura del dialogo: il punto di vista maschile si presenta nel romanzo come una mascolinità possibile, non machista, non patriarcale ma che può mettersi in discussione ed è anche debole, a volte sottomessa, impotente e in crisi. Una condizione che il maschio ha iniziato a conoscere e a far venire fuori, lo può emancipare finalmente dal ruolo di dominatore e dal patriarcato. Anche la donna si sta liberando dal patriarcato e anche lei può vivere un disagio che sfocia nella violenza psicologica e a volte anche fisica. L’emancipazione femminile deve nascere dallo scambio con l’uomo e insieme mettono in crisi i modelli di riferimento ereditati da una società patriarcale. Il concetto di umiliazione è provocatorio, ho alterato l’equilibrio “semantico” della parola: nel libro significa consapevolezza della sconfitta, della perdita di potere e di forza, quindi della perdita del dominio con cui l’uomo è indotto ad agire da sempre nei rapporti famigliari, affettivi, sessuali. I maschi del libro sono umiliati e in crisi e quindi liberati dalla loro funzione, non farebbero mai male a una donna. Allo stesso modo le donne che nel romanzo umiliano sono donne capaci di liberarsi dalla condizione di vittime perenni, di sottomesse: l’emancipazione deve passare anche da un atto di forza, libertario, dal rifiuto della paura, della paura della solitudine per esempio. Dovremmo smetterla di vederci come poli opposti in conflitto ma capire le sfumature e affrontare le nostre ambiguità, i nostri mutamenti.
Pensi che il tuo libro possa fare bene ad un uomo sul punto di separarsi e nel caso perché? È una lettura pensata anche per aiutare chi si trova in questa situazione?
Credo di sì, il protagonista è in crisi e ha rischiato di fare male alla sua donna; non è del tutto convinto di lasciarsi e allora si consulta con altri che lo mettono in guardia dai rischio di perpetuare una relazione ormai finita, raccontandogli i rischi dell’umiliazione inutile.
Dopo molti anni, dopo anni di amore profondo e di condivisione può subentrare la necessità di indipendenza, di autonomia. L’uomo e la donna possono acquisire forza dalla separazione, ripensarsi e aprirsi al mondo; scoprire aspetti di sé nascosti. Il divorzio può non essere un fallimento, è una crisi che in quanto tale porta rigenerazione. L’uomo è fatto di mutamenti non di condizioni statiche.
Tu credi che i problemi e le sofferenze degli uomini che si separano siano un argomento tabù o non affrontato a sufficienza?
La sofferenza non è una questione maschile o femminile, è relazionale: credo che non si parli a sufficienza con chi attraversa separazioni e divorzi, chi vive la fine dell’amore. Proviamo quindi a non distinguere tra uomini e donne. Sarebbe opportuno supportare le coppie in crisi e le persone quando chiudono una relazione pluriennale, nella fase adulta e che può coinvolgere dei figli minori. Il ruolo di genitore comporta molti problemi in chi si vuole separare: i sensi di colpa e la paura di allontanarsi dai figli e di ferirli generano conflitti interiori e con l’ex-partner: queste ostilità possono portare due persone che si sono amate profondamente a detestarsi per questioni psicologiche, pratiche ed economiche. Servirebbe un supporto per aiutare le persone a definire civilmente le proprie esigenze senza arrivare alla guerra; una guerra costosa che molti non riescono a finanziare. In Umiliati racconto anche il dramma psicologico che colpisce molti uomini costretti all’indigenza. La giurisprudenza deve fare passi avanti in questo senso, deve considerare la parità del ruolo paterno e materno nei confronti dei figli mentre è diffusa una tendenza ad agevolare la madre.
Una coppia felice, che crede nell'amore romantico, credi che possa apprezzare il tuo libro o potrebbe esserne infastidita o turbata, vista la visione che propone?
Certo che lo apprezzerebbe! Noi tendiamo ancora a vedere l’essere umano come qualcosa di statico, permanente, oggettivo invece dovremmo iniziare a pensare di più in termini quantistici: l’uomo come insieme di accadimenti, processi e mutamenti possibili, trasformazioni nell’indeterminazione dell’essere. La meccanica quantistica ci insegna che un elettrone esiste solo quando entra in relazione con qualcos’altro. Prendiamo questo fatto come una metafora dei rapporti umani: noi siamo relazioni possibili, accadimenti di incontri in divenire, in continuo cambiamento.
Nella fase giovanile si vive l’amore romanticamente: tendiamo a cercare un completamento del nostro io nell’altro e desideriamo e spesso realizziamo amori esclusivi e totalizzanti, “romantici” appunto. In questo stato di cose arriviamo anche a completarci generando un nuovo essere umano, un figlio con cui viviamo una nuova relazione. Si afferma uno stato sfocato, nebuloso di sentimenti potentissimi e preziosi che caratterizzano la nostra crescita. Mutando poi nel tempo e negli anni, diventando adulti la nostra soggettività genera altre relazioni, ad esempio nuove amicizie; il nostro io arricchito di esperienze e modificato emotivamente continua così a creare altre reti e l’amore da chiuso ed esclusivo diventa aperto, condiviso. L’amore lascia più spazio all’amicizia, la passione al benessere interiore, la permanenza amorosa al viaggio nel mondo e nei mondi. Senza alcun ordine. Umiliati è un libro che parla di disordine emotivo. Non riesco a concepire nessuna forma di ordine in quello che viviamo e che siamo nelle relazioni e nel mondo, in ciò che proviamo e osserviamo, è tutto così mirabilmente sfocato.
Che consigli puoi dare a due giovani che si amano e vogliono preservare il proprio amore, per viverlo al meglio? Di evitare la vita coniugale o di provarci?
Di provarci! Di dare tutto l’amore che hanno dentro all’altro perché è fondamentale per uscire dal nostro io adolescente e diventare giovani: l’importanza di amare, dei primi amori è che impariamo a essere meno egoisti, a uscire da noi e a entrare nell’altro, comprenderlo ed essere compresi, prendersene cura. L’importante è comprendere da adulti che possiamo amare gli altri e non solo la nostra famiglia: amare il mondo, gli amici, le persone prossime e nuove, un amore civile che supera l’amore famigliare. E poi amare profondamente il mondo significa anche amare la terra: ecco, questo è un amore che noi esseri umani viviamo ancora in maniera egoistica, senza saper dare. Dobbiamo amare la nostra terra senza confinarla, la trattiamo male, la sfruttiamo, ci uccidiamo ancora per Lei e invece dovremmo accudirla tutti insieme. Forse prima dobbiamo imparare ad amare oltre il nostro letto, la nostra casa, la nostra quotidianità, amare gli altri, amare il mondo e altri mondi.
Il libro è dedicato alla tua post moglie per la scelta di non umiliarvi, questo vuole dire che una separazione non umiliante è possibile? La tua post moglie ha letto il tuo libro, come ha reagito?
Sì, è dedicato a lei perché abbiamo capito più o meno nello stesso momento che stavamo distruggendo un amore bellissimo; che stavamo diventando cattivi, aggressivi, irrispettosi e pessimi genitori di quelli che urlano tra loro. Un inferno su cui ci siamo affacciati e da cui siamo riusciti ad allontanarci, senza umilarci ma grazie all’amore per noi stessi come individui al di là dell’amore tra noi. Il libro lo sta leggendo in questi giorni e ho l’impressione che le stia piacendo, ma non voglio sbilanciarmi, è imprevedibile e in questo è sempre adorabile.
Hai già in cantiere un prossimo libro o altri progetti letterari?
Sì, sto scrivendo un nuovo romanzo che spero di concludere entro l’estate: ha molti punti in comune con Umiliati ma parla di donne, ignote ed eccezionali. Una trama spionistica e cialtrona, come quella del mio primo romanzo Tripoli (Unicopli 2019), si confonderà con le condizioni interiori di un certo tipo di donne che io chiamo amazzoni (una compare in Umiliati, nel capitolo Cintura): per ora posso solo dirti che Wonder Woman è a Milano in missione per salvarle perché lei è un’amazzone come loro.
Molte donne famose sono state solo di recente celebrate per la loro intraprendenza, per la loro creatività, per il loro spirito libero con cui si sono emancipate dall’oppressione delle famiglie e della società. Io invece racconterò di donne apparentemente comuni, nascoste, che sono (state) intrappolate da meccanismi invisibili di sottomissione e di autosottomisione da cui si possono liberare con la forza e anche con la giusta dose di follia e di violenza: fanno la guerra, partendo dalla guerra contro se stesse. Ho l’impressione che prevalga ancora l’immagine di donna sempre e comunque vittima mentre le mie amazzoni sono guerriere e non sono vittime, sanno ribellarsi. L’emancipazione, come la rivoluzione, deve passare anche dalla violenza, dalla violenza contro noi stessi per trasformarci e dalla violenza contro chi ci opprime senza pietà. La violenza io la intendo come metafora del coraggio, della forza e della fermezza, dello spirito combattivo. Non la violenza scema degli oppressori, dei prepotenti.
Le amazzoni vivevano nella Scizia, l’attuale Ucraina, e sono convinto che stiano combattendo, segretamente. Ma non hanno bisogno di armi, almeno quelle che le famiglie di guerrafondai vorrebbero vendergli. Hanno altre armi, più affilate, come l’intelligenza, quella che infiltra la pace.
Di Umberto Baccolo.
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