«A rischio 400mila posti di lavoro e il 10 per cento del fatturato, in un Paese che ha un tasso di disoccupazione dell’11 per cento con un Pil in forte rallentamento». Gli imprenditori protestano contro la proposta di legge del governo per mettere un freno alla liberalizzazione delle aperture nelle domeniche e in tutti i giorni festivi, stabilita nel 2011 dal governo Monti con il decreto Salva Italia. «Se la proposta del Movimento 5 Stelle dovesse diventare legge, il messaggio sarebbe chiaro. Le aziende saranno costrette a licenziare, l’intero comparto perderà 400mila posti di lavoro e il 10 per cento del fatturato, sarebbe un grave danno per l’economia», così Mario Resca presidente di Confimprese, l’associazione di negozi in franchising che rappresenta almeno 30mila punti vendita con 600mila addetti. Interviene anche Confcommercio che sottolinea come «la deregolamentazione totale degli ultimi anni non ha prodotto particolari effetti sui consumi e sull’occupazione, né incrementato la concorrenzialità del settore», per questo chiede «una regolamentazione minima, indispensabile per il mantenimento del pluralismo distributivo». Le associazioni di categoria chiedono un tavolo di confronto con il Governo.
Il progetto di riforma presentato alla Camera prevede un massimo di aperture dei negozi nelle festività di 12 giorni all’anno e affida la regolamentazione a Regioni e Comuni, obbligando comunque ad una rotazione per un massimo del 25 per cento di aperture nel Comune di esercizi commerciali dello stesso tipo merceologico. «Siamo il Paese che detiene il record mondiale di siti Unesco, l’Italia è un museo a cielo aperto, quali sono i criteri per stabilire le città a vocazione turistica? La gente consuma se ne ha l’opportunità, ma se i negozi sono chiusi rinuncia e non compra», afferma Resca.
Ma non è tutto qui. Alcuni sindacati esultano. I Cobas ieri sono stati ricevuti dal sottosegretario al Lavoro Claudio Cominardi che ha promesso l’impegno del governo e del ministro del Lavoro Luigi Di Maio per risolvere al più presto la questione. Impegnati in questa battaglia anche i sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil, da tempo uniti nella campagna «La festa non si vende» con scioperi e proteste proprio durante le festività più importanti, chiedono a gran voce un incontro al ministro Di Maio per definire una normativa quadro.
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