Mentre nella giornata di ieri assistevamo al miracolo di un'Europa che una volta tanto ha fatto per davvero l'Europa, gestendo come un unico organismo lo sbarco delle due navi, la Protector e la Monte Sperone, e ripartendo fra sette Paesi "volenterosi" il carico di 450 migranti che hanno toccato terra a Pozzallo, oggi i riflettori sono tutti puntati sull'ennesimo disastro avvenuto a largo della Libia.
La denuncia proviene direttamente da un tweet postato dal fondatore della ong Proactiva Open Arms, lo spagnolo Oscar Camps: «La Guardia Costiera libica ha detto di aver intercettato una barca con 158 persone fornendo assistenza medica e umanitaria ma non hanno detto che hanno lasciato due donne e un bambino a bordo e hanno fatto affondare la barca perché non volevano salire sulle motovedette». A corredo del post una foto tutt'altro che enigmatica, in cui è chiaramente visibile una donna priva di vita e poco distante un bambino anche lui annegato. Una scena che non può ovviamente lasciare impassibili e a cui non è concesso abituarsi, nonostante ormai casi analoghi siano all'ordine del giorno.
Proseguendo nel racconto, Camps afferma di essere giunto sul luogo del ritrovamento ed essere riuscito a trarre in salvo un'altra donna, che avrebbe raccontato di aver visto morire la mamma e il piccolo soltanto poche ore prima del ritrovamento.
Un attacco gravissimo, quello del fondatore della ong spagnola e che se confermato non farebbe altro che aggravare una già precaria percezione che si ha in Europa del rispetto dei diritti umani in capo alla Guardia costiera libica. Ne è conscio il ministro degli Interni Matteo Salvini che già ieri si era visto stroncare l'appello affinché l'Europa dichiarasse come sicuri i porti di Tripoli, con un comunicato emanato dalla Commissione Ue tramite la portavoce Natasha Bertaud in cui si ribadiva che «nessuna operazione europea e nessuna imbarcazione europea riporta i migranti salvati in mare in Libia, perché non consideriamo che sia un paese sicuro». Secca la replica del vicepremier, di ritorno dall'incontro a Mosca con il suo omologo del Cremlino, in cui attaccava l'Ue di essere in combutta con gli scafisti, una provocazione dai toni accesi che non ha certamente contribuito a placare lo scontro. Secondo il capo del Viminale la questione non può essere risolta gestendo il problema come fatto sino a ora e nemmeno la ripartizione condivisa dei migranti può essere un rimedio vero, l'unica, afferma Salvini «è rendere inutile mettersi in barca perché si sa che si sarà rimandati indietro».
Un augurio, quello del leader della Lega, destinato a essere rimandato a data da destinarsi e di certo impossibile a realizzarsi fin tanto che negli occhi e nella mente delle persone torneranno alla luce immagini come quelle mostrate oggi che, al di là di qualsivoglia scontro politico, ricordano al mondo intero che il disastro che è a tutti gli effetti la gestione di quelli che partono dal nordafrica sta costando vittime innocenti ogni giorno. Tenta di tenere la posizione, allora, il ministro del governo "gialloverde", piantando bene i piedi e rispondendo a muso duro con un'accusa di falsità ai danni della ong spagnola, con cui è aperto un contenzioso da giugno quando le navi della flotta di Proactiva Open Arms trovarono i sigilli nei porti italiani e furono costrette a virare verso Barcellona. «Bugie e insulti di qualche Ong straniera confermano che siamo nel giusto: ridurre partenze e sbarchi significa ridurre i morti, e ridurre il guadagno di chi specula sull'immigrazione clandestina. Io tengo duro. #portichiusi e #cuoriaperti», il tweet con cui Salvini ha liquidato la vicenda di oggi a largo della Libia.
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