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Dalla Sicilia a Milano il rifiuto di Orlando divide il Paese, Salvini: «La pacchia è finita»



All'indomani dello stop all'applicazione delle norme del salviniano decreto sicurezza imposto dal primo cittadino di Palermo, la polemica politica continua ad imperversare e sono numerosi i sindaci di area dem decisi ad operare sul solco di quanto esternato da Leoluca Orlando. La sospensione parziale degli effetti del decreto, secondo quanto proferito da Orlando, riguarda essenzialmente «qualunque procedura che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alle procedure di iscrizione della residenza anagrafica» per tutti quegli extracomunitari che una volta scaduto il permesso di soggiorno per motivi umanitari, non avrebbero più accesso all'iscrizione all'anagrafe. Se il "grande rifiuto" ha portato all'immediata replica del titolare del Viminale, che ha accusato il sindaco palermitano di andare contro il Capo dello Stato e il processo democratico, sono state numerose le manifestazioni di solidarietà verso Orlando da sindaci di ogni parte d'Italia. Ultimo in ordine cronologico, il primo cittadino di Milano Giuseppe Sala, che ha rincarato la dose dando seguito a quanto già espresso ieri dall'assessore alle politiche sociali per il Comune di Milano Pierfrancesco Majorino, e ha invitato Salvini a rivedere «il decreto sicurezza», che «così non va!». Nella nota emessa in giornata, Sala spiega come l'Anci avesse già richiesto un confronto diretto sull'applicazione di alcune norme del decreto e aveva già espresso dubbi sulle ricadute economiche e sociali del provvedimento. Anche Orlando ha replicato al vicepremier leghista, nel frattempo supportato dall'alter ego grillino Luigi Di Maio, che ha liquidato la questione come «solo campagna elettorale». Per il primo cittadino di Palermo si tratta di una battaglia di umanità e ha già dato disposizioni all'ufficio legale del Comune affinché la questione venga affrontata in sede di tribunale civile. «Io vado davanti al giudice civile», ha spiegato Orlando «perché siccome non posso andare direttamente alla Corte costituzionale, mi rivolgo direttamente al giudice civile. Un sindaco cosa fa? Solleva la questione in un processo e, quindi, io andrò davanti al giudice dei diritti della sezione civile e chiederò un'azione sulla conformità della norma». Intanto dalla stessa Sicilia parte un'azione di resistenza congiunta, un asse trasversale anti dl sicurezza a fianco del primo cittadino Orlando, promosso in prima persona dal Presidente dell'Assemblea regionale Gianfranco Miccichè, Berlusconiano doc e console di Forza Italia in terra sicula. Al suo fianco il dem (e renzianissimo) Davide Faraone assieme al grillino Ugo Forello, anch'egli candidato alle comunali di Palermo nel 2017 e d'accordo nella battaglia contro il decreto, che anche a sua detta «ha diversi profili incostituzionali e, nello specifico, la norma che impedisce l'iscrizione all'anagrafe ai migranti con il permesso di soggiorno in scadenza crea un'inqualificabile divisione fra cittadini di serie A e di serie B». Sostegno anche da Firenze, dove il renziano sindaco Dario Nardella ha indicato la via della Consulta per dirimere il profilo di incostituzionalità del decreto. «Stiamo valutando insieme ai nostri avvocati e con alcuni costituzionalisti anche una strada perché si possa arrivare alla corte costituzionale, ben sapendo che i comuni non hanno la facoltà di fare un ricorso diretto, ma possono appellarsi al giudice ordinario o al giudice amministrativo affinché venga posta la questione in via incidentale», il contenuto delle sue parole. Parla di linguaggio «violento e indegno di un ministro dell'Interno» il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che mette sulla stessa barca «dell'indegnità» del leader leghista anche Di Maio, Toninelli «e tutti gli altri». Non manca anche la stoccata del Presidente dell'Anci e sindaco dem di Bari Antonio Decaro, che ricorda come fosse proprio lo stesso Salvini a incitare alla disobbedienza, quando chiese ai sindaci di non applicare la norma riguardante le unioni civili. «Riguardo alle minacce che il ministro dell'Interno rivolge ad alcuni sindaci, non vorrei essere costretto a fargli notare che poco tempo fa, prima di diventare ministro, egli stesso invitava platealmente i sindaci a disobbedire a una legge dello Stato, quella sulle unioni civili».


E mentre Salvini, tramite il consueto post sui social, intima ai sindaci ribelli che «la pacchia è finita», il vento della protesta spinto dal Sud della Sicilia continua il suo viaggio lungo la Penisola. Da Palazzo Chigi una nota dichiara «inaccettabili le posizioni dei sindaci che hanno pubblicamente dichiarato che non intendono applicare una legge dello Stato», aprendo però ad un confronto con l'Anci «per segnalare eventuali difficolta' applicative collegate alla legge sull'immigrazione e sulla sicurezza», incontro a cui dovrebbero partecipare sia il Ministro degli Interni Matteo Salvini che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.


di Alessandro Leproux

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