Ripartire dai ragazzi e dalle scuole per formare individui consapevoli in grado di controllare le nuove tecnologie e non di divenirne schiavi o ancor peggio vittime. A Formello, comune a nord di Roma, qualcosa si muove. Il bullismo, così come la sua degenerazione futuristica, il cyber-bullismo, resta ancora oggi un ostacolo culturale molto difficile da sradicare perché fortemente interconnesso con l'educazione (civica, scolastica e soprattutto familiare) e perché materia ancora oggetto di studio. Sebbene infatti, in diverse realtà del nostro territorio per contrastarlo si punti sull'informazione, sotto forma di convegni, dibattiti e lezioni, il fenomeno non solo resta in gran parte sconosciuto o impropriamente catalogato come naturale pulsione adolescenziale, ma i dati degli ultimi anni, associati alla sempre maggiore diffusione delle tecnologie digitali accessibili anche alle fasce più sensibili, parlano di un incremento e inasprimento delle violenze, sia psicologiche che fisiche, compiute sempre più spesso da minori a danno di altri coetanei. Se quello della prepotenza e della sopraffazione resta un tema sviscerato e probabilmente antico come l'uomo, l'introduzione nella vita di tutti i giorni della tecnologia mobile ha enormemente ampliato la portata di tali sciagurati gesti: quello che fino a un decennio fa poteva apparire come un fenomeno isolato e relegato a qualche alunno problematico, magari autore di episodi, anche gravi, ai danni di un compagno di scuola, oggi, grazie ai social network e alla miriade di canali di immediata diffusione, può divenire virale e oggetto di imitazione da parte di altri giovani. È per questo che insistere sull'educazione digitale sin dalle prime esperienze scolastiche, dando ai ragazzi non solo gli strumenti teorici ma anche le dimostrazioni pratiche di ciò che imparano e devono tradurre in fatti, è il modo più efficace per crescere le nuove generazioni nella consapevolezza di quali possano essere i rischi e quale la portata di gesti che nel peggiore dei casi possono sfociare nel reato vero e proprio. Presso l'istituto Barbara Rizzo di Formello, grazie al patrocinio del Comune che sosterrà in toto le spese per finanziarlo, in virtù dello strumento del Bilancio partecipato, la psicoterapeuta criminologa Virginia Ciaravolo, già presidente dell'Associazione Mai più violenza infinita Onlus, ha portato in essere un progetto che mira a coinvolgere insegnanti, genitori e studenti in un corso della durata di venti ore che fornisca gli adeguati strumenti per la lotta al bullismo e al cyber-bullismo.
Dott.ssa Ciravolo come nasce l'iniziativa del corso di educazione digitale?
«Occorre una doverosa premessa: sono anni che ci occupiamo, come associazione, del fenomeno del bullismo, ma soltanto nell'ultimo periodo abbiamo deciso di farlo davvero a trecentosessanta gradi, includendo nel discorso tutti gli attori, quindi anche istituzioni, scuole e soprattutto le famiglie degli studenti. L'idea alla base di questo corso è dunque quella di non limitarsi ai seminari o alle riunioni di una giornata, che non lasciano poi molto ai ragazzi, ma insistere sul tema con apposite lezioni da integrare con dimostrazioni pratiche sul corretto utilizzo della tecnologia digitale. Fondamentale il coinvolgimento degli insegnanti, così come dei genitori, per fare luce sul fenomeno e sfatare molti miti che creano soltanto confusione. Uno dei primi punti focali sarà infatti fare chiarezza su cosa si intende per bullismo e cyber-bullismo, molto differenti dal vandalismo o da altri veri e propri reati»
Quali sono le modalità di strutturazione del corso?
«L'idea è stata da subito quella di separare gli studenti dai genitori e dagli insegnanti. Per gli adulti sono previsti sei incontri della durata di due ore ciascuno, che partiranno il 18 febbraio per terminare l'8 marzo, dopodiché sarà la volta dei ragazzi per cui sono previsti quattro incontri della durata di due ore, dal 18 al 29 marzo. Con loro gli incontri saranno principalmente incentrati sul corretto utilizzo dei telefoni cellulari e sulle possibili conseguenze derivanti da un utilizzo improprio. Segnaleremo loro come interfacciarsi con la rete, con le potenzialità e le responsabilità che ne conseguono, e come difendersi da eventuali minacce. Spiegheremo loro la portata di azioni che possono avere rilevanza penale, il tutto per renderli consapevoli dello strumento che posseggono, che è molto di più di un semplice smartphone. Grazie all'utilizzo di un sistema informatico americano abbiamo inoltre la possibilità di far recapitare agli studenti, direttamente sui loro telefoni, un questionario di autovalutazione che sarà così immediatamente consultabile da noi promotori dell'iniziativa. Quelli che, tramite le loro risposte, avranno dato prova di aver recepito il senso di questo corso e si dimostreranno responsabili nell'utilizzo della tecnologia digitale avranno come "pegno" un patentino della durata di un anno»
Crede che l'iniziativa possa essere replicata anche altrove?
«A onor del vero va detto che l'idea del patentino per il corretto utilizzo della tecnologia digitale non è stata una mia idea, ma un'iniziativa promossa nella regione Piemonte. Abbiamo voluto ispirarci a quella sperimentazione ampliando però sia la platea a cui ci rivolgiamo che il numero di ore di corso, che è ora molto più corposo e dettagliato. Stranamente lo strumento del patentino non ha ancora trovato la giusta diffusione e, escludendo il Piemonte che ne è promotore, soltanto la Sardegna e le Marche hanno adottato una legislazione che lo renda strumento effettivo e concreto. La speranza è ovviamente quella di riuscire laddove altri ancora latitano, ma più che sull'attestazione è sul corso che mi preme soffermarmi: il poter fornire un pacchetto completo, senza ridursi alla riunione due ore in mattinata, e poter integrare anche gli altri soggetti a monte della problematica sono le vere innovazioni»
Oltre a lei che è promotrice e responsabile dell'iniziativa, quali altri soggetti saranno coinvolti durante il corso?
«La nostra punta di diamante è senza dubbio la criminologa Antonella Cortese (vicepresidente Aispis) a cui verrà affidata tutta quella parte del corso che riguarda i reati connessi con il cyber-bullismo e le patologie che comportano un uso distorto della tecnologia digitale. In qualità di tecnico informatico avremo il contributo del docente Sandro Salvati, un digital forensic. In rappresentanza degli insegnati e dei referenti scolastici per il bullismo (secondo quanto previsto dalla legge Ferrara del 2017) Maria Pia Cirolla, già presidente dell'Associazione nazionale Asso Noi Diciamo No! Onlus, attiva da anni sul territorio per contrastare il fenomeno del bullismo, e la professoressa Stefania Morelli, referente per il bullismo nella scuola Barbara Rizzo di Formello.»
di Alessandro Leproux
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