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Frattura Lega 5S sulle sanzioni contro Orban, Salvini: «Parlamento Ue non processi i governi eletti»



L'annuncio del gruppo degli europarlamentari 5 Stelle sulla conferma del voto a favore delle sanzioni per l'Ungheria, previsto per domani a Strasburgo, ha il tipico suono dell'unghia sulla lavagna. Quella che sembra sempre più una vicenda matrimoniale da separati in casa, tra Lega e 5Stelle, si arricchisce di un nuovo particolare che non desterà certamente sorrisi tra i due schieramenti. C'è chi dice no, infatti. E, nemmeno a dirlo, quel qualcuno è Matteo Salvini. «Voteremo in difesa di Orbán, l'europarlamento non può fare processi ai popoli e ai governi eletti». Un altro strappo, l'ennesimo di questi tempi, a conferma che le distanze ci sono eccome, seppur ben mascherate da un'ottima macchina comunicativa in capo a Palazzo Chigi. Tra le due ali di governo le differenze sembrano non esaurirsi, e per ogni punto in comune ne saltano fuori almeno un paio.


Quella contro l'Ungheria, qualora approvata, sarà una sanzione esemplare, in virtù dell'articolo 7 dei Trattati che scatta in casi di "evidente rischio di violazione dei valori da parte di uno Stato membro". Non sono piaciute all'Europa, da qualcuno definita dell'establishment, le prese di posizione del premier Viktor Orban nei confronti di media, università e giustizia. Pericoli di derive che superano il nazionalismo e rischiano di sfociare in esperienze già vissute in Europa e mai abbastanza ricordate.


Ma dall'altra sponda del fiume, dove le condanne sono opposte, gli assi si rinforzano e ci si fa forza reciprocamente. Diventati gli uomini copertina della crisi istituzionale che l'Europa sta attraversando da ormai diversi anni, Salvini e Orban sembrano intendersi su tutto. Strenui sostenitori del The Movement, "club dei populisti", progetto che ha visto scomodarsi da oltreoceano niente meno che l'ex capo stratega della Casa Bianca Steve Bannon, i due membri di spicco dell'ala sovranista non perdono occasione per spalleggiarsi e scambiarsi reciproci segnali di incoraggiamento. Se il loro incontro a Milano avvenuto in estate, che aveva costretto gli esponenti del governo pentastellato a prendere le distanze e a definirlo un «incontro privato di Salvini» aveva destato qualche preoccupazione, la decisione della Lega di schierarsi con l'Ungheria anche in questa battaglia la dice lunga sull'idea di Europa che hanno i due diversi schieramenti.


In attesa del suo discorso al Parlamento di Strasburgo, previsto per questo pomeriggio, il premier ungherese ha già fatto capire dove tira il vento, affidando il suo pensiero a Facebook: «Il giudizio contro di noi è già scritto». Colpito, ma non affondato, a giudicare dalla baldanza con cui Orban, in comune con Salvini, riesce a gestire stampa e opinione pubblica. Tracciata la via, a testa bassa, contro tutto e tutti. E se anche il voto di domani, come sembrerebbe, assesterà un altra botta all'Unione più frammentata che si sia mai vista, il vero contraccolpo sarà ancora una volta sul filo precario su cui Lega e 5Stelle viaggiano spediti. Un filo sinora spacciato per solido acciaio, ma che se tirato a oltranza, potrebbe mostrare una natura ben diversa.

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