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La Diciotti sbarcherà a Trapani, da Innsbruck Salvini lancia l'asse con Austria e Germania


Un flipper che non diverte nessuno. Rimbalzata, poi riavvicinata e nuovamente rispedita a largo: è questa la sorte della nave militare italiana Diciotti, che due giorni fa ha raccolto 67 migranti a bordo del cargo privato Vos Thalassa, in seguito a un presunto ammutinamento degli stessi e che forse potrà sbarcare nel porto di Trapani, dove è rimasta in rada in attesa del braccio di ferro fra il Viminale e la procura di Trapani.


Stando infatti alle dichiarazioni rilasciate questa mattina dal ministro degli Interni Matteo Salvini, all'imbarcazione della Guardia costiera non verrà concesso lo sbarco sino a quando la polizia non avrà individuato e arrestato i responsabili del tafferuglio scoppiato l'altro ieri a bordo della Vos Thalassa e che avrebbe costretto il capitano a chiedere l'aiuto dell'autorità navale italiana per prevenire una situazione che poteva precipitare. Qui sorge però il dilemma: stando infatti alle indagini condotte nella notte dalla polizia che si è imbarcata sulla Diciotti, non sarebbero emersi elementi sufficienti per incriminare nessuno dei migranti, nonostante siano stati identificati due individui, un sudanese e un ghanese, giudicati responsabili di alcuni disordini, però non soggetti a fermo. Ma non è tutto, a infittire di dubbi e misteri il fatto, c'è anche la dichiarazione di Cristiano Vattuone, un portavoce della Vronn, l'azienda olandese proprietaria del cargo Vos Thalassa, che ha smentito che a bordo ci fosse stato un ammutinamento: «Nessuna insurrezione a bordo, la situazione è stata ingigantita dai giornali, non c'è stato nessun ammutinamento e nessuno è stato pestato». Quella delle barricate dei migranti dentro la nave sarebbe dunque un escamotage utilizzato già in precedenza dalle navi commerciali che, per obblighi internazionali, si ritrovano a salvare vite in mare ma non sono poi disposte a perdere giorni e soldi a largo, in attesa dei lunghi tempi della politica, e ottengono così lo spostamento del carico umano in navi militari.


Tiene comunque il punto il leader leghista in una vicenda che ha assunto contorni grotteschi e che rischia di rimanere il solito, isolato caso mediatico di dimostrazione di forza, mentre intanto in Sicilia due navi della Guardia di finanza hanno sbarcato 83 richiedenti asilo senza che nessuno si indignasse o scrivesse mezzo comunicato.



Intanto da Innsbruck, sede del vertice informale fra i ministri degli Interni dell'Ue, il vicepremier leghista tenta di esportare la visione italiana della questione migranti anche nei salotti internazionali, col tentativo di tessere alleanze e accordi che portino avanti il lavoro faticosamente iniziato dall'insediamento al Viminale. Se già ieri Salvini aveva incontrato il ministro tedesco Seehofer, per stilare un piano comune prima del vertice, anche oggi il capo del Carroccio ha dato sfoggio della sua miglior retorica nel tentativo di smuovere le acque in una Ue tutt'altro che celere quando c'è da intervenire. Tema su cui ha puntato forte il vicepremier è quello del rafforzamento delle frontiere esterne, invitando gli altri Paesi a seguire l'esempio italiano, che ha fornito mezzi e assistenza al partner nordafricano, la Libia, che non è però ben visto dalla comunità internazionale a causa di diverse denunce di violazione dei diritti umani contro i rimpatriati, a carico anche delle stesse autorità di Tripoli. «In queste ore abbiamo mandato i nostri uomini della Guardia costiera in Libia ad addestrare i libici. Abbiamo regalato 12 motovedette. Stiamo investendo soldi, tempo e denaro in Libia. L'Italia è frontiera europea. Quindi, se l'Italia riesce a proteggere le frontiere esterne, l'Europa riesce a proteggere le frontiere esterne. L'Unione europea dovrebbe riconoscere i libici come porti sicuri. Dobbiamo rispettare il lavoro delle autorità libiche».

Forte dell'accordo stretto nel colloquio a tre con Austria e Germania, coi suoi rispettivi omologhi, in cui si è parlato dell'istituzione di centri di accoglienza "esterni" alle frontiere Ue, da programmare in Nord Africa e nei Balcani, le famose piattaforme che la Libia non vuole e non concederà, e su cui ancora non è chiaro con quali modalità e tempistiche si potrà operare, Salvini si è quindi scagliato sull'azione delle Ong in mare che, a suo dire, «spesso è provato che abbiano interessi non solo solidaristici ma economici dietro il loro operato. Queste sono cose che non può fare l'Italia da sola o Malta da sola, ma deve farlo l'Unione europea».


Uno stallo in cui è difficile districarsi e che per ora ha portato solo a sommari accordi verbali che dovranno assolutamente trovare riscontro nel pratico, per non rischiare di lasciare inalterata l'emergenza, con l'aggravante dell'isolamento politico a cui l'Italia potrebbe andare incontro. Oltre il danno la beffa.



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