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«La Traviata è per sempre», al festival Armonie d'Arte la sfida del concept del duo Giordano Sgarbi



L'imponente scenario del parco archeologico Scolacium di Borgia a Catanzaro, la suggestiva facciata delle rovine dell'abbazia normanna di Roccelletta di Borgia a fare da sfondo e suggestivo scenario alle note senza tempo del capolavoro di Giuseppe Verdi. La Traviata, il melodramma per eccellenza, l'opera delle opere, sarà protagonista nella serata del 7 agosto quale punta di diamante e omaggio all'italianità della rassegna culturale dal respiro internazionale quale è l'Armonie d'Arte festival. L'opera riprodotta in un ambiente unico, con un cast di prim'ordine e la sapiente mano autoriale e nella regia del direttore artistico Chiara Giordano, che per l'occasione e la particolare suggestività del tutto si è voluta avvalere dell'esperienza e professionalità di un cultore dell'immagine, un guru dell'arte visiva quale è Vittorio Sgarbi. Una comunione che ha dato vita a uno spettacolo senza precedenti, in cui il classicismo e la tradizione di Verdi si fondono alla perfezione con la ricercatezza e le scelte artistiche del duo, in un prodotto che travalica l'intrattenimento e si pone l'interessante e ambiziosa sfida del concept quale mezzo per reinterpretare la tradizione a vantaggio di nuove forme di scenografia live, di difficile interpretazione per gli artisti ma di facile e godibile fruibilità per il pubblico.



Abbiamo rivolto qualche domanda al direttore artistico e creatrice del concept della serata Chiara Giordano, per porre l'accento sugli aspetti più interessanti e innovativi dello spettacolo.


Direttrice, da dove nasce l'idea di coinvolgere il critico d'arte Vittorio Sgarbi in questo progetto?


«L'idea ce l'ha fornita il contesto stesso in cui si svolgerà l'opera. Essendo la cornice del Parco Scolacium di tale suggestività e impatto visivo, con questa maestosa facciata esterna della chiesa abbaziale normanna, c'era il rischio che ogni allestimento venisse banalizzato. Pertanto gli allestimenti non potevano essere tradizionali, ma necessitavano di elementi autoriali. Una volta appurato che i contenuti visivi potevano sostituire le scenografie in maniera coinvolgente ed efficace è venuta l'idea di un concept che restituisse qualcosa del genere melodrammatico al linguaggio giovanile. Di qui l'iniziativa di coinvolgere giovani artisti della street art e dopodiché il passo è stato breve. Arte visiva in Italia è uguale a Vittorio Sgarbi, massima autorità nel settore visto il suo percorso. In tutta umiltà ci siamo fatti condurre e consigliare da chi ne sa più di noi»


Per quanto riguarda invece il suo apporto alla regia, ci sono anche lì elementi di innovazione che si integrano al classicismo della Traviata?


«Certamente. Non si tratta di una versione puramente classica, ma sia da un punto di vista degli allestimenti che degli aspetti didascalici, narrativi e descrittivi. Basti pensare che anche in scena ci saranno tre arredi simbolici, un tavolo nel primo atto, un divano nel secondo e un letto nel terzo. Tutto è giocato su questa capacità di educare attraverso i simboli, per mezzo di un'opera senza tempo che, seppure ha in Parigi una sua collocazione ambientale, travalica il piano esistenziale in un'ottica psichico sociale, naturalmente all'interno della musica di Verdi che ha una sua universalità e ci ha consentito di sviluppare piani di lettura diversi. Il protagonista è sempre Verdi, ci siamo limitati a un gioco ideale dialogando con la pagina verdiana con delle sensibilità diverse»


Nella regia sono presenti consistenti lavori coreografici che donano alla scena un dinamismo inedito, a chi si deve questo lavoro?


«Ci siamo avvalsi del grande apporto di Filippo Stabile, questo giovane coreografo dalla carriera già brillantemente lanciata. Un grande artista e creativo, un vero talento, sia nelle vesti di danzatore che di coreografo. Ha lavorato molto sull'aspetto del movimento e del coinvolgimento, anche col il coro a cui ha donato una vivacità che si sposa perfettamente con il concept di Traviata che volevamo realizzare. Una Traviata che si sposi perfettamente con l'ambiente che la ospita e allo stesso tempo che sia caratterizzata da una certa vitalità e vivacità negli elementi e nelle presenze sul palco»


Questa commistione di elementi può essere un modo per rilanciare l'opera anche ad un pubblico giovanile e meno incline ad essere coinvolto da tali manifestazioni?


«Sì, l'idea è proprio questa. La Traviata, pur restando l'emblema assoluto dell'opera, resta un melodramma, un genere di nicchia. Abbiamo cercato un modo in cui far coesistere Verdi con livelli semantici e semiotici diversi. La nostra vuole essere soltanto una declinazione di ambienti psichici e sensibili diversi. Ma la Traviata resta la Traviata, non c'è da parte nostra nessun tentativo o intenzione di stravolgerla»


La fondazione Armonie d'arte, oltre al festival in atto, ha all'attivo collaborazioni di promozione culturale con la Regione Calabria?


«Siamo senza dubbio un'associazione radicata sul territorio e oggettivamente riconosciuti come punto di riferimento di eccellenza della Regione. Il nostro dialogo con tutti gli esponenti istituzionali o di altri organi sul campo è proficuo, nonostante la Calabria non sia una terra abituata al networking ci stiamo attrezzando»


Il festival partito a luglio ha visto la presenza di artisti della scena internazionale, cosa dobbiamo aspettarci dai mesi di agosto e settembre?


«Se a luglio il festival ha conosciuto un'importante impronta di carattere internazionale, si pesi a Caetano Veloso, Pat Metheny o al duo John Scofield & John Medeski, quello di agosto sarà un mese riservato all'italianità, un omaggio alle eccellenze italiane nel genere melodrammatico. Ci sarà anche la danza italiana con la compagnia Artemis Danza e il Balletto del Sud. Settembre invece chiuderà la rassegna con un ritorno ai circuiti internazionali, con la Royal Philarmonic Orchestra che aprirà il Mito festival alla Scala il giorno prima e chiuderà il 5 settembre Armonie d'Arte»



di Alessandro Leproux





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