"Non chiamateci più". L'ultimo atto, temiamo tutt'altro che conclusivo, della vicenda che vede in sosta nel Mediterraneo la nave ong Lifeline, con a bordo più di duecento migranti libici, si infoltisce e complica sempre più. A mandare il caustico messaggio è la Guardia Costiera italiana, direttamente dalla centrale operativa romana, che invita le navi ong, a partire proprio da Lifeline, a rivolgersi a Tripoli per qualsiasi emergenza riscontrata nelle acque Sar di competenza libica.
Sono proseguite tutta la notte le trattative a quattro, fra gli enti marini italiani, maltesi, spagnoli e francesi per cercare di trovare un accordo soddisfacente per tutte le parti. Proprio dal fronte franco-spagnolo era partita l'iniziativa di spartire equamente fra i quattro territori il numero di migranti a bordo della nave ong, in seguito al secco rifiuto de La Valletta di far sbarcare nei propri porti il cargo Lifeline. Autorità maltesi che se da un lato hanno ribadito la loro estraneità alla vicenda, coordinata a loro parere da Roma e avvenuta in acque di competenza libica, quanto meno non si sono sottratte all'appello di Lifeline di questa mattina, che richiedeva assistenza medica, medicinali, coperte e beni di prima assistenza che iniziavano a scarseggiare a bordo. Sempre per opera del servizio di soccorso navale maltese, una persona è stata sbarcata e ricoverata d'urgenza a La Valletta. "Nonostante non abbiamo alcuna responsabilità, Malta ha appena consegnato rifornimento umanitari e le Forze armate hanno condotto l'evacuazione medica di una persona", il messaggio del premier Muscat.
Giunta ormai al terzo giorno di stallo in mare, in quello che sta amaramente diventando un parcheggio a lunga sosta nel Mediterraneo, la nave ong attende che lo stallo politico causato dalle forti prese di posizione, soprattutto italiane, porti a una "tregua" che consenta quanto meno di sbarcare quei 224 disperati a bordo.
A conferma della propria intransigenza e a sigillo della volontà di non tornare indietro nel processo di definizione degli equilibri in merito alla spartizione dei soccorsi in mare e della conseguente accoglienza, nella serata di ieri la Guardia Costiera italiana ha emanato una nota che ribadisce a tutte le ong nel Mediterraneo, laddove si trovassero, come praticamente sempre accade, a soccorrere naufraghi nel tratto Sar di competenza libica, a rivolgersi a Tripoli per il coordinamento dei soccorsi. Nulla di nuovo, quindi, ad ascoltare le parole delle ultime settimane a provenienza Salvini, se non fosse che, tramite questo comunicato, ciò che poteva apparire come una minaccia dai risvolti più politici che pratici, si sta invece attuando, permettendo finalmente all'Italia di fare la voce grossa di chi per anni si è sobbarcato il problema tra i silenzi generali dei confinanti. "Da questo momento, ai sensi della convenzione Solas (Safety of life at sea) i comandanti di nave che si trovano in mare nella zona antistante la Libia, dovranno rivolgersi al Centro di Tripoli e alla Guardia costiera libica per richiedere soccorso", questo il testo della nota emanata dalla centrale di Roma, con riferimento alla convenzione stipulata nel 1914 da 162 paesi in merito alla "salvaguardia della vita umana in mare" dopo il disastro della nave Titanic. "In questo momento le navi di due Ong (Open Arms, bandiera spagnola e Aquarius, bandiera di Gibilterra) sono nel Mediterraneo, in attesa di caricare immigrati. Le navi di altre tre Ong (Astral, bandiera Gran Bretagna, Sea Watch e Seefuchs, bandiere olandesi) sono ferme in porti Maltesi. Che strano... La Lifeline, nave fuorilegge con 239 immigrati a bordo, è in acque maltesi. Tutto questo per dirvi che il Ministro lo farò insieme a voi, condividendo tutte le informazioni che sarà possibile condividere, e per ribadire che queste navi si possono scordare di raggiungere l'Italia: voglio stroncare gli affari di scafisti e mafiosi!", il messaggio affidato a Facebook dal ministro degli Interni Salvini, che se da un lato polemizza ancora sull'operato delle ong, il cui compito sembra essersi ridotto ormai a un trasporto in Europa dei malcapitati in mare, in un'emergenza divenuta ormai prassi, dall'altro rivendica il successo della linea del governo, visto che da quando è all'opera gli sbarchi in Italia sono quanto meno controllati e filtrati, con buona pace di qualche maltese o inquilino di Bruxelles che continua a torcere il naso.
Come se non bastasse, ad insistere su una situazione al limite, un'altra nave cargo ong, la danese Alexander Maersk, ha salvato nella serata di ieri altri 110 profughi, facendo poi rotta verso Pozzallo, dove sarebbe ora a largo in attesa di indicazioni. In mattinata, proprio dal cargo, è stata evacuata e assistita a Pozzallo una donna incinta, a dimostrazione che il dramma umanitario è alla base dell'interesse italiano, paese in cima alla lista del numero di naufragi sventati.
Un clima tutt'altro che disteso attende dunque il pre vertice previsto per domani a Bruxelles, nato, secondo quanto riferito dalla Merkel, come "semplice incontro consultivo, un appuntamento di lavoro in cui non ci sarà nessun documento risolutivo", un'arma a doppio taglio, la trovata della cancelliera, che se da un lato ha voluto anticipare il Consiglio europeo di fine mese, portando sul tavolo dei sedici partecipanti il tema migratorio, vera spina nel fianco dell'Ue, nel tentativo quanto meno di impostare una risoluzione sulla bozza di Dublino tanto cara a Berlino e alle aule di Bruxelles, ma che non convince affatto l'Italia, rischia dall'altro di essere un'occasione per i dissidenti, in primis i quattro di Visegrad, seguiti a ruota da Austria e Italia, per far saltare il tavolo delle trattative e boicottare la linea tedesca, con conseguenze sia interne che esterne per la politica di Berlino. C'è infatti in gioco la sedia di cancelliera in casa propria e, ancora più delicata, la tenuta dell'Unione Europea, che rischia di uscire da questo mese come poco più che un sigillo cartaceo, ricco di buoni propositi ma non più in grado di rispondere alle esigenze di ciascun partecipante.
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