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Michele Lo Foco: “Francesco Rutelli un disastro in Anica. La sinistra favorisce le major"


STEFANO BINI PER IL GIORNALE D'ITALIA

Michele Lo Foco, classe 1949, è avvocato specializzato in diritto d’autore. Ha scritto testi tecnici sul cinema ma anche romanzi, saggi e libri di poesia e filosofia. Ha svolto incarichi pubblici come Amministratore in società quali Cinecittà Holding, Zetema, RAI, Fondazione Cinema per Roma, e tutt’ora si dedica al perfezionamento della legislazione dello spettacolo, avendo come primario scopo la difesa dei produttori indipendenti. Dalla metà degli anni ’70, quando Lei hai iniziato il percorso nei diritti, com’è cambiato il cinema? «E’ cambiato moltissimo. Allora la condivisione del rischio era molto estesa, e veniva ripartito tra produttore, distributore ed esercente. Talvolta, spesso, interveniva anche il distributore estero. Oggi il produttore non rischia nulla anzi guadagna subito se riesce a montare il film, ad aumentare il costo, ed a scontare il tax credit. Il distributore medio non esiste quasi più e l’esercente è solo passivo. Oggi la produzione è un affare di vertice, decisa da burocrati e da dirigenti di major che mettono il naso nel casting e nelle clausole contrattuali, e che non sanno valutare la qualità e la collocazione di un prodotto. Questo sistema ha provocato una totale assenza di attori e registi, e siamo scomparsi dal tessuto internazionale.» Ha lavorato molto per la Rai. L’azienda di Stato è una risorsa per il cinema italiano? «Ho lavorato nel CDA di alcune controllate RAI, RAI Net e RAI TRADE, prima che, sconsideratamente e per questioni di potere, quest’ultima venisse sciolta. Dopo poco, infatti, è stata ricostituita con il diverso nome di RAI COM. Sono stato poi per anni consulente del D.G. RAI per la fiction, ma il settore era talmente presidiato, come ora peraltro, dalla politica, che era difficile operare professionalmente. RAI ha perso il significato di azienda culturale per assumere l’aspetto di una roccaforte politica, nella quale le regole sono diverse da quelle del mondo ordinario. L’azienda RAI avrebbe dovuto aiutare il settore a trovare certezze in un ambiente aleatorio, ed invece ha approfittato della debolezza per imporre le proprie volontà. La RAI va profondamente modificata, deve tornare a fare l’emittente, deve abbandonare il ruolo di produttrice e lasciare che i produttori indipendenti lo siano realmente e non per finta.» Un tempo si esportavano personalità e contenuti, oggi i registi fanno film dettati dagli americani. Cos’è andato storto? «Un tempo i film erano belli, costruiti su soggetti e sceneggiature di grande valore. Un produttore come Adriano De Micheli con Profumo di donna conquistava l’Europa ed anche un Oscar. Oggi il cinema è solamente quello americano, internazionale, ragionato, spettacolare, giovanottesco. Cos’è successo? Lo dico in sintesi: sudditanza alle major americane: che da noi incassano anche i contributi destinati al cinema ed alla televisione mentre in America noi non siamo destinatari di nulla; assenza totale della rappresentanza ANICA; con Rutelli l’ANICA ha smesso di fare gli interessi degli operatori per fare quelli del Presidente e del Ministro; appoggio incondizionato del governo alle piattaforme ed alle major: il governo di sinistra ha abbandonato le medie/piccole imprese per favorire i potentati; utilizzo di attori ed autori congeniali alla sinistra ed ai burocrati: senza attenzione alla qualità ed al gusto del pubblico. La commedia era il nostro pane cinematografico, la sapevamo scrivere e recitare; ma come sempre, se vengono meno gli strumenti, il prodotto degrada, prima i cinepanettoni poi il deserto. Un paese governato da Zalone è un paese in coma. I francesi ci hanno scippato la commedia intelligente, il film erotico ed il film d’azione. A noi è rimasto qualche prodotto intimista di scarso valore.» Il cinema italiano vive di commedia, quello socialmente impegnato fa flop se non in rari casi. Dovremo continuare ad insistere comunque in questo ultimo filone? «La commedia era il nostro pane cinematografico, la sapevamo scrivere e recitare; ma come sempre, se vengono meno gli strumenti, il prodotto degrada, prima i cinepanettoni poi il deserto. Un paese governato da Zalone è un paese in coma. I francesi ci hanno scippato la commedia intelligente, il film erotico ed il film d’azione. A noi è rimasto qualche prodotto intimista di scarso valore.» Roma può aspirare a tornare come Hollywood? «No, Roma se prosegue sulla strada tracciata da Franceschini è destinata a scomparire perché Cinecittà è un buco nero che inghiotte i finanziamenti senza un futuro identificabile, ed è rimasta indietro sia tecnicamente che come posizione strategica. Alla fine diventerà un condominio per major straniere. Per ora Cinecittà è solo uno strumento politico per giustificare capitali e favorire qualcuno.» Esperto di diritti cinematografici, consigliere d’amministrazione, saggista, consulente. Cosa vuole fare Michele Lo Foco da grande? «Da grande farò lo scrittore, come ho sempre fatto dall’età di 13 anni, ed un po’ il giustiziere, cercando di non invecchiare. Ho poi tre figli che adoro.» I suoi prossimi impegni? «Il mio lavoro è dedicato quasi interamente agli indipendenti, ed a coloro che faticano a costruire un prodotto: cerco di combattere i privilegi e talvolta ci riesco, ma devo impegnarmi tutto il giorno. Se fossi ministro salterebbero molte teste, ma temo che il paese non sia ancora pronto, e che dovremo arrangiarci con quello che c’è.»

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