Nemmeno Eschilo e Sofocle avrebbero reso con cotanto patos quella che a tutti gli effetti stava assumendo i contorni di una tragedia dagli esiti imprevedibili. Dopo un braccio di ferro apparentemente senza sosta fra Viminale e procura di Trapani, con la nave Diciotti carica di 67 migranti in attesa di capire se e quando sarebbero stati sbarcati nel porto siciliano, se in manette o meno, in seguito a un presunto ammutinamento avvenuto a bordo del cargo Vos Thalassa che li aveva ripescati a largo di una piattaforma petrolifera Total, la situazione è stata sbloccata, nemmeno a dirlo, dall'intervento del deus ex machina. In barba al protocollo, che vorrebbe che fosse proprio il Viminale, nella persona del suo inquilino, Matteo Salvini, a deliberare in merito a questioni di sicurezza nazionale quale è quella dell'apertura di un porto e il conseguente sbarco di clandestini, ci ha pensato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, calato dall'alto come una divinità dell'Olimpo, a risolvere in quattro e quattr'otto la faccenda. Dopo ore estenuanti di trattative, comunicati che rimbalzavano dall'Italia a Innsbruck, dove Salvini sedeva al tavolo dei ministri degli Interni europei, è bastata una telefonata del garante della Carta per oliare quegli ingranaggi difettosi, o per meglio dire, per bypassare la trafila di procedure, politiche e amministrative, che sono alla base di un'operazione simile.
Se già ieri dall'Austria il vicepremier leghista teneva il punto e ribadiva il suo totale dissenso dal consentire l'ingresso in porto alla Diciotti se prima non fossero state accertate le responsabilità in seno all'ipotetico ammutinamento dei migranti, annunciando che qualora lo sbarco fosse stato effettuato senza il suo via libera i responsabili se ne sarebbero assunti il peso sia politico che giudiziario, una volta venuto a conoscenza, a fatto compiuto, dell'intromissione di alto lignaggio del Quirinale, il leader del Carroccio, secondo alcune fonti, dapprima avrebbe espresso stupore e sconforto per una delegittimazione calata dall'alto, un fastidioso vizio dalle parti del Colle che non dovrebbe partecipare, se non in vesti espressamente di rappresentanza, nell'azione politica del governo. In seguito, pensiamo noi in accordo con gli altri membri di spicco dell'esecutivo, Luigi Di Maio in primis, Salvini non ha usato parole che potessero far pensare ad alcuna frizione con il capo dello Stato, sebbene l'intervento sia suonato un po' come una tirata d'orecchie alla politica di assoluta intransigenza perpetuata dal leghista. «Andrò fino in fondo finché qualcuno non venga assicurato alla giustizia, mi farebbe arrabbiare se coloro che sono sbarcati finissero tutti a piede libero, la certezza della pena deve essere fondamento per italiani e soprattutto per chi è ospite, non voglio che finisca tutto a tarallucci e vino» e ancora, in riferimento all'illustre intrusione «non si è mai intromesso in quello che ho fatto come ministro dell'Interno. Io non ho niente da chiarire. Se comunque Mattarella vuole capire cosa ho fatto io sono a disposizione, ma la lotta ai clandestini è una delle priorità del Paese». Insomma, a essere maliziosi, ben stretta fra i denti Salvini aveva una rimostranza bella e buona da fare, rivendicando l'autonomia di cui ovviamente deve poter disporre e confermando quale necessità prioritaria quella di ristabilire un ordine delle priorità tra chi in Italia già c'è, per diritto di nascita e chi pretende di entrarci, arrivando addirittura a minacciare quelli che li hanno salvati dalle onde.
A gettare altra acqua su un principio di incendio ci ha pensato il ministro del Lavoro e delfino di Grillo, Luigi Di Maio, intervenuto questa mattina ad Agorà estate, confermando la linea pattuita coi colleghi di governo. «Se Mattarella è intervenuto bisogna rispettare il presidente, noi avevamo la preoccupazione che dovesse essere perseguito chi aveva commesso violenza sulla nave, ma deve esserci un messaggio chiaro: i cittadini si aspettano che la giustizia trionfi sempre e in questi casi bisogna accertare che (se ci sono stati degli illeciti ndr) le persone siano individuate e perseguite. Ha competenza la magistratura, aggredire gli equipaggi non è accettabile. Che Salvini abbia esagerato o meno non me ne frega niente, la cosa importante è che con l'intervento del presidente si sia sbloccata la situazione». Chiaro e conciso il capo politico del Movimento 5 Stelle che ha rispedito al mittente le prime illazioni sui diversi scricchiolii che iniziano a farsi insistenti all'interno della squadra dell'esecutivo, chiamato a resistere alle turbolenze interne dovute alla coesistenza di personalità politiche spesso diametralmente opposte e alle pressioni che arrivano dall'esterno o, come in questo caso, che piombano dall'alto come rapaci.
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