Domani è il giorno del voto per il Cda Rai di Camera e Senato. Giovedì sarà invece la volta dei dipendenti. Per la prima volta nella storia del Servizio pubblico Radiotelevisivo, infatti, le lavoratrici e i lavoratori della Rai eleggeranno un loro rappresentante in seno al Cda della Tv di Stato.
C'è grande fermento sotto il cavallo, poiché la decisione della "commissione di saggi", indicata dagli attuali vertici, di ammettere pressoché tutti i candidati presentatisi ha sparigliato non poco le carte, scombinando piani e strategie delle solite lobby e cordate interne.
A partire dalla potente associazione dei dirigenti, che si è ritrovata con il classico cerino in mano. Il suo cavallo di battaglia, l'ex ad della consociata Rai Way Stefano Ciccotti, era infatti stato indicato non certo in ragione della conoscenza dell'azienda (è arrivato nella Rai che conta da pochi mesi) e nemmeno della benevolenza di cui gode presso i dipendenti, visto che si è beccato praticamente subito una dura reprimenda dei sindacati interni per i metodi poco urbani che ha utilizzato per far spazio ai suoi fedelissimi d'importazione, ma solo ed unicamente in ragione del suo curriculum, considerato forse l'unico in grado di superare le severe maglie che la legge sembrava imporre.
Oggi il candidato è talmente scomodo che si trova a competere con dei concorrenti interni alla stessa AdRai: le dirigenti Roberta Enni ed Alessandra Paradisi.
La Enni, direttrice di Rai 4 che, nonostante qualche recente quanto telefonatissimo peana sulla stampa minore, deve fare i conti non solo con la sua pesante coloritura politica (è stata a lungo segretaria del circolo dei Ds in Rai), ma anche con le polemiche non sopite derivanti da alcune sue scelte editoriali alquanto discutibili, come quella di aver affidato la conduzione di un programma a Massimo Carlotto, già condannato per un efferato omicidio.
La Paradisi invece è addirittura il vicedirettore, l'unico, di Ciccotti; testimonianza lampante del credito di cui esso gode addirittura all'interno della sua stessa direzione.
Ma non solo, perché l'AdRai è ancor meno compatta sul suo nome, tanto che molti suoi pezzi da novanta dirigono lo sguardo altrove, non ultimo l'influente direttore delle Risorse Umane Luciano Flussi che, mentre strizza l'occhio sinistro ai 5 Stelle ed il destro alla Lega nel febbrile tentativo di ottenere una riconferma, trova il tempo per fare una serrata campagna a favore del suo amico e sodale Roberto Natale, candidato espressione della lobby dei giornalisti Rai con dichiarate simpatie per la sinistra.
Simpatie talmente forti che il buon Natale, che ha trascorso gli ultimi due lustri abbondanti in distacco sindacale, dopo aver tentato nel 2013 di sfondare la porta maestra del Parlamento candidandosi con Sinistra e Libertà, ne ha poi imboccato quella di servizio trascorrendo gli ultimi cinque anni ricoprendo il ruolo di portavoce della Presidenta Boldrini.
C'è quindi grande confusione sotto il cielo e, come al solito, dei dipendenti che dovrebbero essere rappresentati a queste lobbies non sembra interessare molto, nonostante il mail bombing a cui sono sottoposti da parte dei candidati, con tanto di nutrito condimento di video ammiccanti che, se non si trattasse della Rai, farebbero ridere tale è il pressappochismo con cui sono realizzati.
Il 19 quindi ordinate i popcorn, perché si profila un rutilante finale al fotofinish. I bookmakers, finalmente ripresisi dagli stupefacenti mondiali, danno in corsa proprio Natale, forte degli appoggi di cui sopra; Gianluca De Matteis, candidato dai Sindacati Cgil, Cisl, Uil e Ugl con buone chances di successo; Riccardo Laganà, espressione degli "indignati Rai", outsider di lusso debole di curriculum ma forte del grande malcontento che regna tra molti dei lavoratori del Servizio Pubblico.
L'esito non è affatto scontato anche perché, visto come l'Azienda ha gestito le procedure di candidatura e di voto, comunque vada si profila una discreta messe di ricorsi, che rischiano di lasciare il Cda Rai senza un consigliere per i prossimi tre anni.
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