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Summit di Vienna sui migranti, Salvini fa infuriare l'omologo del Lussemburgo



«Merde, alors». Edulcorando, «ma che diamine». Sono saltate le staffe nel summit di questo pomeriggio che ha visto incontrarsi a Vienna i ministri degli Interni dei Paesi membri dell'Unione europea. Un incontro in cui l'immigrazione è stato l'oggetto principe della discussione e in cui Matteo Salvini ha nuovamente recitato un ruolo da protagonista. Se già in mattinata c'era stato un primo attrito dialettico con la portavoce del suo omologo tedesco Seehofer, che parlava di «accordo politico già preso» in riferimento ai rapporti con Roma e alla delicata questione dei movimenti secondari, smentendo categoricamente il vicepremier italiano che invece dell'accordo non ravvedeva alcuna traccia, lo scontro vero e proprio c'è stato durante la seduta.


Presa infatti la parola, Salvini ha fatto capire senza mezzi termini la posizione assunta dall'Italia sulla questione migranti, da molti partner europei visti come una risorsa su cui investire, anche in virtù della scarsità di nascite che c'è in Europa. Una risorsa umana che andrebbe a riequilibrare il dato che vede il vecchio continente, per l'appunto, sempre più vecchio e a corto di ricambio. «Ho sentito da qualche collega dire che c'è bisogno di immigrazione perché la popolazione europea invecchia, io ho una prospettiva completamente diversa», aveva esordito il capo del Carroccio, «Io penso di essere al governo per aiutare i nostri giovani a tornare a fare quei figli che facevano qualche anno fa e non per espiantare il meglio dei giovani africani per rimpiazzare i giovani europei che per motivi economici oggi non fanno più figli». E infine la frase galeotta che avrebbe provocato la reazione piuttosto sentita del ministro degli Esteri e dell'Immigrazione lussemburghese Jean Asselborn: «Non abbiamo l'esigenza di avere nuovi schiavi per soppiantare i figli che non facciamo più». Visibilmente seccato il ministro, interrompendo più volte il collega italiano, ha ribadito una storia già sentita, apostrofando Salvini circa il fatto che «in Lussemburgo, caro signore, avevamo migliaia di italiani che sono venuti a lavorare da noi, dei migranti, affinché voi in Italia poteste dare da mangiare ai vostri figli».


Una diatriba che conferma la distanza interna al cuore dell'Ue, una spaccatura sempre più evidente e marcata. Due filosofie opposte e a confronto che appaiono ogni giorno, ogni dichiarazione, sempre più distanti. Ma la questione, almeno dal punto di vista italiano, è molto più pratica che concettuale. L'impegno assunto dall'Italia, assieme agli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, è evidente, quello delle centinaia di migliaia di persone sbarcate in un decennio è un dato oggettivo e inconfutabile, e su quello l'Italia dovrà continuare a far forza per ribadire la urgente necessità di un'azione comune, di una risposta vera e ferma, che trascenda dal contentino della volontarietà quale criterio per la equa assegnazione dei migranti giusti sulle nostre coste.


Già ieri su Facebook il ministro degli Interni aveva postato la notizia di un numero di barchini, almeno sette, che nonostante transitassero in acque maltesi non erano stati intercettati dalle autorità de La Valletta. Una pratica che il leader leghista non ha affatto gradito, annunciando che non sarebbero sbarcati da noi. E invece, alla fine, 184 persone hanno raggiunto Lampedusa. Il Viminale ha da subito diramato una nota in cui incolpava nuovamente Malta di aver «scaricato il problema sull'Italia». Ma c'è di più: sempre secondo fonti del Viminale, Salvini sarebbe all'opera insieme ai suoi tecnici per varare una soluzione di rapida esecuzione che prevederebbe il rimpatrio, almeno per quanto riguarda i migranti tunisini, in tempi record tramite voli charter, il tutto previo accordo con la Tunisia, con il cui ministro degli Interni è in programma un incontro fissato per martedì a Roma, incontro che vedrà ovviamente presente Matteo Salvini.

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