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Rai gialloverde: rivoluzione abortita e non per colpa di Di Maio



Sino ad ora abbiamo visto scorrere i titoli di testa. Pure belli eh, quasi accattivanti, ma del film vero nemmeno un fotogramma. Certo anche il piano editoriale presentato dal tandem Salini-Foa, approvato dal consiglio di amministrazione della Rai, un bel copione, una bella storia. Tutta da mettere in scena però, ammesso e non concesso che ciò avvenga mai. Insomma, tutta la frenesia leghista per la Rai, quella grillina e meno frenetica e troppo disorientata per produrre risultati, avrebbe dovuto produrre sfraceli, ma fino ad ora ha partorito solo pessimi risultati. Dal Sanremo cosi cosi, mal gestito da un direttore di rete fuori sincrono rispetto al prodotto, al lavoro ai fianchi del presidente Marcello Foa nei confronti dell’amministratore delegato Fabrizio Salini, per non parlare della famosa striscia post Tg1 - il primo dei desiderata di un direttore di Rete De Santis sbucato all’ultimo come un coniglio dal cilindro - da affidare ad un esterno non politically correct, per finire con le dure critiche al direttore di Rai Due, Carlo Freccero, nel mirino solo perché prova a riaccendere una rete spenta. Ecco valeva la pena tutto ciò? Ammettiamo, sino ad oggi la maggioranza giallo verde non ha brillato per idee rispetto alla Rai, pensando solo all’occupazione dei posti e non al prodotto. E soprattutto non si è affatto preoccupata di valorizzare le risorse interne, tutte ferme al palo. Eppure, vista dal punto di vista leghista, di nomi non targati Pd da valorizzare ce ne sono eccome. Da Luciano Ghelfi a Paolo Corsini, passando per Sonia Sarno, Francesco Giorgino, Angelo Polimeno, e tanti e tanti ed altri ancora. Nomi di grande valore, noti a tutti e collaudati da anni per professionalità e serietà. Ignorati. Perché l’operazione fatta dal Tg2 con il programma di approfondimento post telegiornale, condotto da una valente giornalista interna, è la prova che si può far decollare la Rai con le forze della Rai. Ma per il momento a Salvini e ai leghisti, di vecchio e nuovo conio, interessano le poltrone. Mica il resto….peccato! Una altra rivoluzione sperata e abortita. C’era un altro leader di partito che per anni è andato avanti sbandierando la meritocrazia: si chiamava Gianfranco Fini. Cosa abbia combinato in Rai è cosa nota. Anche alle cronache.


di Alberto Milani

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