I veggenti del Movimento 5 stelle vanno sostenendo, in privato non certo in pubblico, se lo facessero apertamente sanno di giocarsi il posto in parlamento, una strana storia. In consiglio di amministrazione della Rai il piano editoriale messo a punto dal tandem Foa-Salini (presidente e amministratore delegato) passerà. I numeri ci sono, meno le certezze sulla sua effettiva validità e applicazione pratica. Bocciarlo equivarrebbe al far saltare l’attuale maggioranza di governo. No, lo scontro non sarà in Cda, ma in commissione di Vigilanza della Rai dove i ribelli del Movimento e malpancisti della Lega annunciano battaglia. E li, nelle sale ovattate di palazzo San Macuto, lo scontro potrebbe trasformarsi in Vietnam per la maggioranza. Senza esclusione di colpi, fuoco amico compreso. Il segnale è facilmente rintracciabile in due posizioni contrapposte. La prima è quella dell’Ad, sino ad oggi silente e sofferente per l’attivismo di Foa,l’uomo per il quale la Lega ha tenuto ferme le nomine per settimane, come se fosse l’unto del signore. Che non è affatto. Anzi, a tratti da l’impressione di essere solo un grande esecutore di ordini caduti dell’alto della politica, alla quale le “mani Straniere” nelle cose di casa nostra non sono mai state un fatto sconosciuto. Dicevamo di Salini. «Citando una battuta del film che ha vinto pochi giorni fa il premio Oscar, il talento non basta, ci vuole il coraggio. E per la Rai, questo, è il momento del coraggio», sostiene l’amministratore delegato della Rai in un suo ampio intervento sul Corriere della Sera , in relazione al Piano industriale. Nel testo Salini dedica molto spazio ai dipendenti della Rai, dicendosi certo che “l’impostazione del Piano avrà al suo fianco la maggioranza di chi ogni mattina esce di casa per venire nelle nostre sedi a lavorare gettando il cuore oltre l'ostacolo per superare il caos dei pochi che passano il tempo a cercarsi una poltrona migliore”. Qualche di permettiamo di averlo. Ma torniamo al punto: il piano industriale definito “ambizioso per la Rai e per i suoi dipendenti che si basa sui contenuti che sono la forza e il tesoro della più grande Azienda culturale italiana”. Un piano sul quale Salini si sta “confrontando da settimane lealmente con il presidente Marcello Foa e con i componenti del Consiglio di amministrazione, ciascuno portatore di una propria rispettabile sensibilità. È un dialogo professionale, aperto, leale in cui sempre mettiamo al centro l'interesse della Rai”. Quanto ai contenuti, visto il confronto ancora in atto, «Non entrerò nei dettagli del Piano» scrive Salini, salvo aggiungere che «è un Piano che ha come obiettivo di rendere la Rai più indipendente perché, scegliendo di porre al centro il contenuto, mette le qualità professionali di ciascuno al servizio del prodotto per cui sta lavorando». Ecco sul fatto che la Rai possa essere indipendente siamo ancora più scettici. Tanto Salini quanto Foa sono stati scelti e indicati dalla politica e a questa, ovvero alla maggioranza giallo verde, devono rende conto. Parlare di indipendenza, visto le scelte fatte e quelle ventilate e, per fortuna di tutti noi, tramontate, è un esercizio assai complesso. Tanto da sposare la posizione assunta dall’usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai. «Ha ragione l’amministratore delegato Salini: ci vuol coraggio. Il coraggio di rompere feudi e potentati e le vecchie logiche. E allora, se vuole essere credibile, il primo atto di coraggio deve farlo lui: denunciare che feudi e potentati nascono dell’ingerenza dei partiti e dei governi. Di qualunque colore. Denunciare che un’azienda ostaggio del governo non potrà mai rinascere. Denunciare che un’azienda dove i vertici sono nominati dal governo corre con i piedi legati», sostiene con forza Vittorio Di Trapani, segretario dell’Usigrai, «denunciare che un’azienda dove il governo di turno ha in mano i rubinetti delle risorse è ingovernabile. Chieda e ottenga da chi l’ha nominata a Viale Mazzini quello che aveva promesso in campagna elettorale: una legge che liberi la Rai dal gioco di partiti e governi. La ottenga. E un minuto dopo rivoluzioneremo la Rai». Ecco, magari sarebbe un bel salto di qualità. Perché quando il piano sarà approvato Salini consegnerà le chiavi di Viale Mazzini a Foa. Dunque alla Lega, che, per il momento non ha certo brillato per le scelte fatte. Ecco perché in Vigilanza sarà un Vietnam.
di Alberto Milani
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