di Michele Lo Foco
A differenza di quanto avveniva nella Grecia Classica, l’attore, ai tempi dei Romani è un uomo disonorato agli occhi della morale e della legge.
I censori cancellano il suo nome dai registri, lo dichiarano incapace giuridicamente e politicamente, il bacchettone Tertulliano nel “De spectaculis” parla addirittura di “diminutio capiti”, che significa scomparire come cittadino. Tertulliano è cristiano e pertanto il divertimento è peccato.
Sotto l’impero l’atteggiamento di parte dei Romani cambia, ed inizia anche se cautamente lo spettacolo che dissacra e fa satira dei potenti e dei falsi costumi moralistici.
E’ curioso sapere che il cantante che stava in primo piano sulla scena si limitava ad imitare il canto, mentre veniva doppiato da un altro esecutore nascosto, il tutto per evitare ipotesi di caduta della voce.
Gli unici che si salvano totalmente dall’infamia sono i musicisti, collocati nei settori della cavea.
L’infamia che grava sugli attori deriva proprio dalla dissacrazione della “autoritas”.
Molti secoli prima anche la voce autorevole di Platone si era scagliata contro l’arte, in quanto esercita il suo fascino sulla parte irrazionale, incanta l’animo, lo confonde, lo esalta, lo attrae, ma proprio per questo può essere fonte di male e di errore.
Inoltre, ed è ancora più importante, l’arte è imitazione o mimesi, imitazione della imitazione, in quanto la realtà lo è del mondo delle idee, e l’arte della realtà.
Pertanto l’arte e l’artista, invece di spingere e stimolare verso il mondo vero che è quello delle idee, tendono a trattenerlo nella dimensione del sensibile e dell’immaginazione, che è secondo Platone il gradino più basso nella scala gerarchica della conoscenza.
L’arte risulta pertanto controproducente nella formazione dei filosofi, in quanto rappresenta una dimensione di sogno, di immagini fallaci, di conoscenze fugaci e ingannevoli che possono confondere quanto più è il loro fascino.
L’arte e gli artisti sono diseducativi perché propongono modelli non eticamente positivi e perché allontanano dalla verità che risiede nel mondo ideale.
Sono passati millenni e l’opinione della gente sugli artisti si è totalmente capovolta: oggi lo spettacolo, anche quello che sempre più spesso denigra l’autoritas, è pane quotidiano, e gli interpreti, anche di modeste se non nulle qualità, riscuotono successo in una continua fiction, alimentata dai giornali e dai giornalisti. La comunicazione ha preso il sopravvento e gli interpreti dei messaggi e delle immagini sono talmente entrati nell’intimo delle famiglie da diventare parte del nucleo, indipendentemente dai loro talenti, che vengono certamente amplificati se non addirittura mistificati.
Sotto un certo aspetto aveva ragione Platone quando sosteneva che lo spettacolo consiste spesso in immagini fugaci e ingannevoli, e crea personaggi virtuali capaci di sedurre.
E’ di queste ore il discorso di un artista imbecille, Beppe Grillo, che inneggia a rivolte popolari, a sabotaggi e a passamontagna.
Quante protagoniste del nostro mondo audiovisivo ci sembrano straordinariamente belle mentre hanno piedi e mani inguardabili che non vengono mai inquadrati, quanti eroi dello schermo sono bassi e tozzi, quante storie vengono raccontate per convincerci di realtà che non corrispondono non solo alle idee ma al vero.
La comunicazione, la televisione, i giornali sono talvolta strumenti non di arte ma di plagio, e molti artisti sono utilizzati per questo scopo, per influenzare le menti giovanili in una continua ricerca di denaro.
Il mondo degli attori, degli artisti, è passato dalla sepoltura fuori le mura, nel muro torto, alle mani impresse nel cemento di Los Angeles. Il pericolo è che senza una vera consapevolezza del proprio lavoro anche gli attori dovranno prevedere un veloce declassamento della loro funzione.
Essere bravi attori è un mestiere che si apprende con studio e grande applicazione, non è solamente un dato fisico e non può essere frutto di raccomandazioni.
Certo la nostra società ha talmente ampliato i ruoli che recitare, presentare, esserci non è più frutto di selezione: eppure, come nella musica o nella pittura, i ruoli indimenticabili si conquistano con il proprio talento, e il talento è quello che tutti riconoscono e ammirano.
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