«Vogliamo solo sapere come è stato ammazzato, per rispetto dei figli e di tutta la famiglia». E’ quanto dichiarato da Donato Santoro, avvocato della signora Teresa Aufiero, cognata di Eugenio Fasano, maresciallo dei Carabinieri, morto misteriosamente dopo una sfida a calcetto con i colleghi.
«A seguito della denuncia fatta dalla signora Aufiero – spiega il legale – è stato presentato un esposto alla Procura della Repubblica, sia militare che civile. Sono stati aperti due procedimenti. L’obiettivo comune, però, è sapere come è deceduto il maresciallo». Il 22 gennaio era nel campetto dell’Antico Circolo del Tiro a Volo dei Parioli. Dopo più di un’ora e quarantasei minuti sarebbe stato trasportato al Policlinico Umberto I, dove il 24 gennaio è deceduto.
L’avvocato Santoro, oltre ai possibili ritardi nei soccorsi, sottolinea come «diversi sono i punti oscuri nella vicenda». Non a caso la cognata della vittima, nella mattinata di ieri in un’intervista su Repubblica, aveva chiesto di sapere se «l’arresto cardiocircolatorio è compatibile con le altre lesioni evidenziate nella cartella clinica, costole fratturate, un’arteria vuota, un polmone e lo sterno perforato. A mio modesto parere sembrano corrispondere con un’aggressione violenta».
Per il legale, un aspetto che suscita qualche dubbio è anche il fatto «che pur essendo il Pronto Soccorso del nosocomio pieno di carabinieri, di ogni ordine e grado, nessuno era stato in grado di dare le generalità di Fasano». Nonostante ciò, Santoro, comunque, è «fiducioso nell’autorità giudiziaria. Vediamo cosa fa la Procura e poi effettueremo le indagini difensive». Non è il primo caso del genere seguito dallo stesso legale: «Mi sono occupato già di diverse storie simili, ma sono certo che tale caso farà particolarmente rumore».
Un giallo, quindi, che dovrebbe chiarirsi solo con le prime perizie, considerando che la cognata di Fasano nelle denunce ha allegato la cartella clinica, che nei fatti, come evidenziato in precedenza, riapre un caso che certamente farà discutere ancora per molto.
Di Edoardo Sirignano
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