di Michele Lo Foco
L’etimologia della parola ipocrisia ha una lunga storia.
Premesso che hupo in greco vuol dire sotto e krino separare, distinguere, il primo
significato della parola era “rispondere” nel senso di cercare, sotto, negli archivi
interiori, una risposta che fosse una valutazione e un’interpretazione.
Ma lo scambio di risposte e domande diventa centrale nella messinscena teatrale
per cui la parola si modifica in “recitare”, prendere parte ad uno spettacolo, e
pertanto simulare, fingere come fa l’attore.
Oggi, in una società che fa delle virtù personali un elemento di primaria importanza,
l’atteggiamento ipocrita è stigmatizzato con una speciale avversione.
Cos’è l’ipocrisia?
E’ l’imitazione della virtù, del sentimento buono, dell’intenzione lodevole, della
qualità positiva nel tentativo di lucrare simpatie e favori.
In realtà l’ipocrisia nasconde anche qualcosa di minaccioso, di insidioso, un fare
buonista che sta anche a significare una forma di adattamento che potrebbe
trasformarsi in vendetta o tradimento.
Ma a cosa serve l’ipocrisia?
A riconoscere situazioni e stati di fatto, adeguando la propria valutazione a realtà
palesemente o meno costruite artificiosamente, per condividerne i vantaggi: sono le
lacrime di coccodrillo versate per far parte di un circolo, per millantare condivisione
di pensieri e azioni, per non creare malumori o tensioni, per non disturbare vincitori
e prepotenti, per far parte del gruppo dei plaudenti che possono essere premiati e
non puniti.
Oggi l’ipocrisia è il pane quotidiano della politica, del giornalismo, della classe
dirigente, dei manager ed è diventata tale perchè la verticizazzione della classe
dominante, in qualunque campo si esprima, costringe i più ad adeguarsi, a recitare
per non essere esclusi, in definitiva per tutelare i propri interessi.
L’ipocrita è pertanto una persona interessata a mantenere pochi o molti privilegi,
disposta a piangere, a lodare a omettere, a dimenticare, a parafrasare, a simulare
per essere accolto tra coloro che ricevono, per non essere escluso dalla spartizione.
L’Italia è divenuta la patria dell’ipocrisia, che si manifesta ormai in tutti i campi
perché nel corso del tempo è stato prima limato poi annullato il coraggio di
esprimere una opinione, lasciando il campo libero ad una comunicazione
massmediologica che crea ad arte idee e fatti, che condiziona le menti fragili di chi
deve sopravvivere e le controlla
Conquistati i luoghi del potere, l’ipocrisia non ha avuto più rivali ma solo fan,
imitatori, adepti ed ha modulato la sua intensità in relazione alle singole fattispecie,
alta in diplomazia, alta in politica, altissima in avvenimenti sociali, morti, dispersi,
naufragi, mediobassa nella cronaca, inesistente nelle parole del Papa.
Legalmente e giuridicamente l’ipocrisia non è considerata un reato e non è
sanzionata in alcun modo, ma spero venga almeno spiegata ai bambini in modo da
prepararli a difendersi da questa invisibile pandemia.
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