Quando, più di 35 anni fa, è partita la corsa a sviluppare supermercati e centri commerciali, lui era lì, tra un cantiere e una rete distributiva da acquisire, mentre il mondo della distribuzione commerciale cambiava profondamente.
Anni di gavetta alla corte del numero Uno, quel Bernardo Caprotti che ha fatto dell’Esselunga un modello per tutta l’Europa. Poi altri anni alla Standa di Sua Emittenza, Silvio Berlusconi, che era si la Casa degli Italiani, ma bisognosa di così tanti restauri che alla fine l’hanno venduta, un pezzo alla Coin e un altro agli austriaci della Billa. Un paradosso per la Milano che ha fatto le Cinque Giornate. Ma la metà degli anni Novanta era il tempo in cui i grandi gruppi stranieri avevano dato l’assalto alla distribuzione alimentare italiana. Per molti anni Gmc ha affiancato il più importante di questi, la francese Carrefour, leader in Europa e seconda al mondo solo al gigante americano Wal Mart, nello sviluppo lungo la penisola. Il progetto di un matrimonio tra i transalpini e la Standa naufragò sulla spiaggia delle Bermude, dove il Cavaliere a quell’epoca era solito a trascorrere le vacanze natalizie. I francesi si consolarono acquistando la GS. Della Standa vennero comunque acquisite alcune filiali al Sud, non si riuscì a fare la Casa degli Europei ma almeno quella dei baresi, si. Con un occhio di riguardo per le non più giovani commesse che passarono dagli scaffali alle casse.
Oggi le Multinazionali non usano più riqualificare, vanno per le spicce, licenziano. Allora, invece, la linea dettata dal Cavaliere era vendere senza che un solo posto di lavoro andasse perduto.
Il mondo è cambiato.
“Anche i grandi Imprenditori. Di gente come Caprotti, Del Vecchio e Berlusconi non ne vedo in giro tanti. Gli ultimi anni sono stati quelli che hanno segnato l’affermarsi degli algoritmi. I ragazzi della mia generazione giocavano nei campetti, che oggi non ci sono più. La rivoluzione tecnologica ha cambiato tutto. Poi è arrivato il COVID-19 che ha fatto da acceleratore, cambiando necessità e abitudini dei consumatori; per fare quanto ci sarebbe voluto almeno un decennio, sono bastati pochi mesi di lockdown. La gente compra online, non solo I più giovani, a discapito dei negozi tradizionali. Chi non saprà stare al passo coi tempi, abbasserà la saracinesca”.
In effetti negli Stati Uniti, dove le cose accadono anni prima che in Europa, parecchi centri commerciali hanno chiuso.
“Basti pensare che i grandi Fondi di investimento hanno alzato i tassi di rendimento. Cioè vogliono tassi più remunerativi del passato, perché vogliono che siano premiati i maggiori rischi connessi alle maggiori criticità delle vendite fatte nei canali tradizionali”.
Lei ha lavorato con le Aziende più affermate, dai supermercati all’IKEA, pensa che il modello Amazon farà scomparire i grandi brand tradizionali, come è successo coi telefonini Nokia, soppiantati da Apple e Samsung?
“Secondo me l’alimentare e il lusso godranno di un vantaggio competitivo che altri settori non avranno. Penso a chi vende capi d’abbigliamento low cost, l’elettronica, fai da te non troppo ingombrante. Io stesso ho acquistato online gli ultimi due I-phone e faccio la spesa online da Esselunga. Quest’ultima dimostra che, adeguandosi ai tempi, cioè cambiando la propria infrastruttura distributiva, resta competitiva. Se penso ad un’altra grande azienda con la quale ho lavorato, IKEA, non penso che sfogliare un catalogo sul proprio P/C possa sostituire il vedere da vicino i colori dei tessuti, toccare con mano i mobili e provare la cucina svedese. È un percorso emozionale che non può essere sostituito da una gita virtuale”.
Allora per voi Immobiliaristi non cambia niente?
“Non proprio, nulla sarà più come prima. Nelle Banche gli algoritmi hanno sostituito l’esperienza e l’intuito delle persone. Il banchiere tradizionale non c’è più. Come il negozio tradizionale. Sempre meno. I social hanno sostituito le telefonate. Scambiarsi una e-mail ha preso il posto di parlarsi. Tutto è più impersonale. Però finché non avranno inventato la casa in una nuvola, ci sarà lavoro per gli immobiliaristi. Per gli immobili commerciali i conti si faranno quando la generazione Z sarà arrivata all’età della pensione. Per quell’epoca, temo che acquistare in un negozio tradizionale sarà come guidare oggi una Isotta Fraschini”.
Comments