di Michele Lo Foco
Se il problema degli agenti televisivi onnipotenti porta come conseguenza l’aumento smisurato dei corrispettivi ad alcuni personaggi, in netto contrasto con le condizioni economiche del Paese e con le miserabili pensioni sociali, un ulteriore disagio è la canalizzazione delle scelte attoriali che non riflettono più capacità e coerenza con i ruoli ma solo potere, amicizie e frequentazioni di varia natura.
Inevitabile è la constatazione della totale assenza di attori nazionali di respiro internazionale, e la triste realtà della assenza dei nostri prodotti dai mercati esteri.
Infatti premesso che la percentuale di fatturato nel nostro paese di prodotti nostrani è quando va bene la metà, ma più spesso un terzo di quella che si verifica in Francia, Germania e Spagna, un abisso ci separa dalle vendite di prodotto nel mondo di questi paesi.
Non è difficile comprendere che un fenomeno, quello degli attori, si accompagna a quello delle vendite, in quanto l’assenza di notorietà dei nostri protagonisti è causa e risultato della miseria delle nostre storie. Pretendere di far apprezzare nei mercati esteri film come “tramite amicizia”, con un attore tipicamente napoletano ed una trama che ripercorre tematiche di corruzione ambientale tipiche del nostro Paese, è operazione impossibile, come peraltro è stato impossibile piazzare in Europa il formato in due puntate delle fiction, sconosciuto e non usato, utile invece allora a Saccà per moltiplicare “diciamo” le occasioni.
Torna pertanto a manifestarsi la caratteristica principale dei nostri prodotti audiovisivi, e cioè che i produttori non si aspettano ricavi dal loro lavoro, ma guadagnano prima di terminare l’opera.
Quello che succede dopo, cioè nulla, non li sorprende minimamente.
Per quanto riguarda gli attori, salvo il caso degli agenti onnipotenti, la loro presenza lavorativa è spesso affidata a personaggi di nessuna autorevolezza, che portano avanti stancamente una routine di nomi e fotografie di cui non si fidano nemmeno loro sapendo in partenza che gli interpreti verranno scelti dai burocrati.
Non c’è ricerca, non c’è analisi, non c’è costruzione del personaggio, non c’è sensibilità artistica.
Quando per puro caso un attore viene valorizzato da un ruolo fortunato, gli pseudoagenti si attaccano a lui come cozze e si fanno trascinare in giro cercando di sfruttarlo fino dove possibile.
In questi casi fanno il lavoro che potrebbe fare un maggiordomo, cercano di soddisfare capricci e stranezze, di incastrare date, vacanze, raffreddori ed innamoramenti, e formulano contratti ricopiati su internet dei quali capiscono ben poco. Ma poi sono ferrei nel chiedere il rispetto delle scadenze, trasformandosi in cani lupo che non transigono sui soldi. In Italia, poi, ed è realmente assurdo, la retribuzione dell’agente la paga la controparte, cioè quello con il quale teoricamente si dovrebbe discutere, e con il quale invece conviene accreditarsi!
Miracolo della subordinazione ai soldi.
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