Spraynews ha deciso di iniziare il 2022, tra le altre cose, con una riflessione statistica sulla situazione delle morti e degli infortuni sul lavoro nell'anno appena concluso. Per questo abbiamo contattato un esperto del tema, l'avvocato Kishore Bombaci, coordinatore toscano de La Buona Destra fondata da Filippo Rossi.
Secondo Bombaci, "i dati che provengono dalle statistiche ufficiali sugli infortuni sul lavoro per l’anno 2021 appena concluso sono raccapriccianti.
Si parla di 1404 morti sul lavoro, con 695 proprio sui luoghi di lavoro, con incremento del 18% in più rispetto al 2020. I Sindacati – e qui diventa difficile dar loro torto – affermano che "in questi ultimi 10 anni non ci sia stato nessun miglioramento, nonostante i miliardi spesi per la sicurezza dallo Stato attraverso i suoi istituti", sostanzialmente niente è stato concretamente posto in essere. A ciò va aggiunto" – continua Bombaci – "che i dati, pur gravi e raccapriccianti, sono evidentemente sottostimati tenuto conto delle categorie di lavoratori non assicurati all’INAIL o che lavorano in nero.
Al di là di tanta retorica e qualche intervento spot, nulla di veramente sostanziale è stato messo in campo per arginare un fenomeno tanto spaventoso quanto mediaticamente sottovalutato, tanto che l’opinione pubblica si è abituata a considerare queste morti con la stessa flemma delle morti in una guerra: terribili effetti collaterali sui quali non ci si può far nulla, quindi tanto vale andare avanti e sperare di non esserne colpiti.
Ebbene, non è vero e questo senso di impotenza deve essere stroncato sul nascere, anche perché costituisce il brodo di coltura culturale che impedisce ai soggetti interessati di prendere realmente sul serio questo tema.
Secondo uno studio statistico in materia, le categorie con più morti sul lavoro sono l'agricoltura, l'edilizia, l'autotrasporto e l'industria. L' agricoltura registra il 30,22% di tutti i deceduti sui luoghi di lavoro: di questi ben il 75% sono stati schiacciati dai trattori (158) e l'età varia dai 14 agli 88 anni. L'edilizia registra il 15%, la maggioranza provocata da cadute dall'alto; moltissimi morti lavoravano in nero, in prevalenza nelle regioni del Sud. Nell'autotrasporto i morti sono il 10,75% di tutti quelli sui luoghi di lavoro: un aumento notevole anche dovuto alla crescita esponenziale del trasporto su gomma dovuto agli acquisti on line. L'industria rappresenta il 5,89% di tutti quelli che hanno perso la vita sui luoghi di lavoro: sono quasi tutti nelle piccole e piccolissime aziende dove la catena di “comando” sulla sicurezza non esiste, non è chiara, non sono stati nominati i soggetti titolari di funzioni né tantomeno è stata implementata come doveroso, l’attività di formazione. Per regioni i deceduti sono 78 in Lombardia, 70 in Campania, 55 in Toscana, 53 in Emilia Romagna, 53 in Piemonte, 51 in Veneto, 40 nel Lazio, 34 in Calabria, 32 in Puglia, 30 in Sicilia, 28 in Abruzzo, 24 in Trentino Alto Adige, 22 nelle Marche, 15 in Friuli Venezia Giulia, 15 in Sardegna, 9 in Umbria, 9 in Basilicata, 7 in Liguria e 3 in Valle d'Aosta. Questi dati" - continua l’Avv. Kishore Bombaci - "suggeriscono la necessità di trovare immediatamente delle soluzioni e richiama l’attenzione della Politica e delle aziende, oltre che dei Sindacati a un impegno congiunto e continuo.
Ancora oggi, quando si parla di sicurezza nei luoghi di lavoro emergono fronti contrapposti l’un contro l’altro armati e la politica ha cavalcato l’una o l’altra posizione in funzione meramente strumentale. La politica che si fa sindacalismo anche in una materia così delicata dimostra tutta la sua inadeguatezza.
Come ho già denunciato più volte" – continua l’Avv. Bombaci - "la legislazione si è mossa su una dinamica punitiva (peraltro gestita e effettuata in modo assai discutibile) piuttosto che preventiva. protezione. Le ispezioni, i controlli e le verifiche – strumenti essenziali – non possono né essere attivati solo dopo l’evento infausto, né con il solo scopo di sanzionare l’imprenditore. Un sistema che vada verso un monitoraggio continuo azienda per azienda per settori più grandi o area territoriale per area territoriale, in modo tale da consentire anche alle piccole imprese di entrare nel circuito positivo e virtuoso della prevenzione possono essere una soluzione, o quantomeno l’inizio di una soluzione. Se è vero che le morti sul lavoro rappresentano una “guerra” a combatterla non debbono essere lo Stato contro l’Azienda, ma lo Stato E l’Azienda contro tutte quelle dinamiche disfunzionali che rendono il processo produttivo inutilmente burocratico, farraginoso e incline a comportamenti criminogeni (che vanno sanzionati ovviamente) con vittime i lavoratori. In ciò" - conclude Bombaci – "inutile nascondersi dietro un dito. Non esiste soggetto interessato, pubblico o privato, che non abbia una qualche responsabilità. Sarebbe l’ora che ciascuno si assumesse queste responsabilità e lavorasse in ottica costruttiva e non “sindacale” per la tutela delle persone (i lavoratori) le aziende e anche - indirettamente – lo Stato."
Di Umberto Baccolo.
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