“La rissa Conte-Di Maio? Due leader costruiti a tavolino senza consenso”
Senatrice Fattori, tre donne, Letizia Moratti prima e due Elisabette dopo, la Presidente del Senato Casellati e, ultima in ordine di apparizione, con la diretta complicità del capo politico del suo ex Movimento Giuseppe Conte, l’ambasciatrice Belloni, sacrificate sull’altare dei riti della politica…
Quando c’è da bruciare qualcuno, gli uomini bruciano sempre le donne. Le donne in politica non hanno mai la dignità di un uomo. Non credo che avrebbero bruciato nomi maschili nello stesso modo. Sono state azioni, tutte riferibili a uomini, molto spiacevoli. E’ la misoginia della politica.
Luigi Di Maio e Giuseppe Conte se le stanno dando di santa ragione… Esiste, secondo lei, una linea del M5s? Chi decide? Chi comanda?
Che vuole che le dica? Lì ci sono leadership, o presunte tali, costruite a tavolino, che non corrispondono a nessun tipo di consenso interno. Di Maio era stato nominato capo politico nel 2017, con un’operazione ad hoc e, comunque, solo con l’intento di portare all’esterno il programma. Poi, si è preso poteri che non gli spettavano, oltre a indicare una serie di ministeri e ministri, senza alcuna delega da parte dei parlamentari. Conte è stato messo lì, nonostante non avesse una storia legata al M5s, solo in virtù della sua popolarità come Presidente del Consiglio. Del resto, con ogni probabilità lui il M5s alle elezioni del 2018 non lo aveva neppure votato. Non è, quindi, riconosciuto come leader né dai parlamentari, né dalla base. Sono leadership deboli che, anche se possono piacere a una determinata fetta di popolazione, sicuramente non controllano né il gruppo parlamentare, né, tantomeno, la rete, peraltro sempre più esigua, dei sostenitori più stretti. Due leadership deboli, che si contenderanno il potere fino al prossimo giro.
La loro è una rottura irreversibile?
Le crisi nel M5s si ricompongono sempre attraverso la spartizione del potere. Anche questa volta, vedrà, troveranno un loro equilibrio, anche se Conte ha costruito la sua leadership escludendo tutti i dimaiani, e Di Maio non l’ha presa ovviamente bene. Sono guerre interne, che non andranno oltre la composizione delle liste per le prossime elezioni.
Alla fine della fiera al Quirinale resta Sergio Mattarella?
Noi di Sinistra Italiana abbiamo proposto e sostenuto Luigi Manconi, in possesso di quelle qualità e di quell’equilibrio, che lo poneva ben oltre gli stretti confini del candidato di bandiera. Alla fine abbiamo dirottato i nostri voti su Mattarella. Con i candidati che giravano, mi pare che, a quel punto, fosse la scelta migliore. Mattarella sette anni fa sembrava uscito dal cilindro, come una persona grigia e poco determinata. E’ stato, invece, un Presidente che ha sempre dimostrato equilibrio e coraggio, anche nei momenti oggettivamente più difficili. Dopo l’ondata sovranista e populista delle elezioni del 2018 è riuscito a mettere insieme un Governo, quello gialloverde, sicuramente criticabilissimo, affidandone la guida a un perfetto sconosciuto, quale era all’epoca Giuseppe Conte e a due vice premier complessi, come Di Maio e Salvini. Molti lo criticano perché sarebbe il garante di Mario Draghi e dei draghiani di ogni ordine e grado, ma è stato il garante anche della volontà di cambiamento manifestata dai cittadini. Poi ha affrontato da par suo la crisi di governo dell’estate del Papeete e la follia di far cadere un Governo in piena pandemia. E’ stato, secondo me, un presidente importante. E poi, lo ripeto, con quello che passava il convento e dopo la mattanza delle donne, ben vengano altri sette anni di Mattarella.
di Antonello Sette
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