L’ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta, in un’intervista esclusiva rilasciata a Spraynews, dichiara come quanto sta accadendo nelle ultime ore era prevedibile e allo stesso tempo esorta Conte, pur non conoscendo il suo progetto «a trovare un’altra dimensione nella quale esprimersi».
Nel suo ultimo libro, intervistata da Macchioni, dichiara di essersi sentita “un extraterrestre” all’interno del M5s. Oggi si ritrova più nel Movimento di Grillo o in quello di Conte?
«In nessuno dei due. Forse di più di in quello di Conte, ma in realtà in nessuno dei due».
Grillo ha affermato “Conte ha bisogno di me, non io di lui”. E’ d’accordo con il fondatore del Movimento?
«Ritengo che entrambi necessitano uno dell’altro e che forse dalla fusione dei due potrebbe nascere effettivamente il Movimento del futuro. Se Grillo non avesse avuto tanto bisogno di Conte, non ci sarebbe stata la violazione delle regole del M5s perché dopo gli Stati Generali si era deciso di avere un organo collegiale. Grillo, però, nella sua capacità di visione, ha compreso che non avrebbe risolto la questione e che occorreva un capo politico che potesse essere Conte. Il M5s aveva e ha bisogno di Conte, così come lui ha bisogno del Movimento perché gli servono i parlamentari per poter portare avanti il suo progetto. Il bisogno è reciproco».
Fa bene Conte a lasciare il Movimento e fondare un altro partito?
«Se il Movimento vuole Conte, ma pretende che sia a servizio di qualcun altro, non ne ha capito il vero valore. Non si può volere l’ex premier o chi per lui solo per rispondere a ordini calati dall’alto. E’ giusto che chi come Conte, che mette a disposizione del Movimento un grande consenso, anche personale, dia una nuova impronta. Se non ci si fida di lui, perché lo si è chiamato? Il ragionamento è valido per chiunque altro. Se a Conte si dicesse cosa deve fare perderebbe immediatamente tantissimo consenso perché farebbe la figura del profilo che può essere plasmato. Al contrario, invece, ha una propria personalità che deve mantenere. Non conosco bene il suo progetto, ma a questo punto ritengo, che forse sia troppo lontano dalle idee vere del Movimento, non essendo riuscito a interpretarle nel modo migliore».
Dalla parte dell’ex premier soprattutto i parlamentari che immaginano un terzo mandato. E’ favorevole a superare questa regola?
«Ho sempre pensato che il limite del secondo mandato, così come era stato concepito, sarebbe stato un problema. Se tra noi ci fosse stato De Gasperi o Moro perché avremmo dovuto chiedergli di lasciare la politica dopo il secondo mandato. Sarebbe stato un errore. Allo stesso tempo, visto che è una scelta identitaria del M5s, sarebbe stato utile trovare un compromesso. Dopo due mandati, magari, uno stop temporaneo e poi la possibilità di rientrare in altro ruolo. Se si è stati parlamentare, ad esempio, può fare il sindaco o partecipare alle elezioni europee. Ritengo che ci sia un solo requisito, essere capaci e passare da primarie vere e non da primarie che siano una ratifica, come ormai sono diventate anche quelle del Pd. Nel momento in cui le persone ti riscelgono vuol dire che si è vista l’azione svolta. Non sono, quindi, contraria all’idea di un terzo mandato, quello che mi dispiace è che questo desiderio ha messo Conte nell’angolo, che si ritrova stretto tra chi vuole il terzo mandato, chi non lo vuole, chi come Grillo gli dice sono io il garante e pertanto continuo a essere il più importante di tutti, anche del capo politico. L’ex premier sta un po' in mezzo e ritengo che sia giusto per lui trovare una dimensione nella quale potersi esprimere».
E’ chiaro che il M5s, come tutte le altre forze, però, ha bisogno di modernizzarsi. Secondo lei cosa si poteva cambiare e invece non è stato fatto?
«Bastava semplicemente organizzarsi. Non pensare che l’organizzazione partito sia qualcosa di errato o sbagliato. Tutti i movimenti, prima o poi, si sono strutturati, altrimenti non si riesce a governare. Cambierei, poi, molto la comunicazione. Il Movimento ha continuato a dire le stesse cose che diceva prima, però facendone altre. Bisogna essere capaci, invece, a un certo momento, di dire ci siamo sbagliati perché abbiamo detto alcune cose, mentre eravamo in opposizione e non conoscevamo la realtà. Adesso ci rendiamo conto che non è così, ma questi continuano a essere i nostri valori. A volte la comunicazione è andata in un certo senso, era come quella del passato, mentre si facevano le cose che poi fanno tutti. Questo tra la gente ha creato tantissima delusione».
Si aspettava quanto accaduto nelle ultime ore?
«Sì! Non subito, ma quando ho capito la situazione che si stava creando ho pensato che non volevo più restare in qualcosa che non mi era chiaro, anche perché avendo più volte espresso fiducia in Conte, sul fatto che potesse mettere insieme il Movimento, lo avrei voluto vedere capace di esprimere la sua visione, mettendola insieme però a quella che veniva non dai parlamentari, ma dagli impulsi della base. A un certo punto, infatti, è diventato un discorso solo tra deputati e senatori, che di fatto vogliono capire come restare dove stanno e Conte che invece pensa di riorganizzare il tutto, dimenticando però la gente e chi ci ha votato».
Qualcuno, come il maestro Veronesi, dichiara che il posizionarsi sempre più a centro del M5s, lascerà praterie a sinistra. E’ d’accordo?
«Il Movimento non è di destra, né di sinistra. Il vero problema è stato quando governando con l’uno o con l’altro non siamo riusciti a mantenere quello che era il nostro dna. Non è stato fatto né quando siamo stati con Salvini, né con il Pd».
Il Movimento, quindi, ha iniziato a perdere consensi quando si è iniziato a posizionare politicamente?
«E’ scomparso non perché si è posizionato, ma perché si è posizionato senza mantenere i propri principi. Governare insieme ritengo sia sempre grande prova di democrazia. Non ho mai detto mai con questo o con quello. E’ sicuramente complicato, ma un buon esecutivo fatto insieme può portare maggiori benefici al Paese. Non bisogna dimenticare, però, che ci sono dei limiti al compromesso. La priorità deve restare, in ogni caso, il bene dei cittadini».
Di Edoardo Sirignano
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