di Michele Lo Foco
Se fosse possibile scoprire qual’ è il segreto di un prodotto audiovisivo o teatrale affinché il pubblico se ne innamori e corra a vederlo, l’aleatorietà del settore sarebbe sconfitta. La scommessa dell’imprenditore è esattamente quella di avvicinarsi a questo segreto, e per farlo deve scegliere una strada, una modalità, semplice, articolata, artistica, convenzionale, originale, ricca, popolare, elitaria.
Il cinema è opera complessa collettiva e composta, in quanto frutto di contributi creativi elaborati da un regista e frutto di soggetti determinanti per l’esito finale dell’opera che pertanto vengono considerati coautori.
Già da questa base si comprendono le difficoltà dell’imprenditore, che non è il diretto esecutore dell’opera, come il pittore o lo scultore, ma è da una parte il promotore dell’iniziativa e dall’altro il coordinatore di talenti diversi che devono amalgamarsi per dar origine a qualcosa che lo stesso imprenditore ritiene capace di attrarre il pubblico.
Coordinare e amalgamarsi non sono termini di facile attuazione, perché le capacità, i pensieri, le intenzioni, le intuizioni non sono elementi soppesabili con esattezza e come noto le pulsioni personali hanno spesso la prevalenza sulla collaborazione. Mentre è facile comprendere come un quadro costituisca un elemento democratico, nel senso che ognuno guardandolo può assorbire l’arte che la pervade e goderne, il cinema e in parte il teatro sono condizionati da molti fattori che incidono sulla struttura stessa del prodotto, a partire dagli elementi che lo compongono, come la fotografia, il colore, l’ambientazione, e i costumi, e quelli esterni, come la distribuzione la sala, lo schermo, il palco.
Tutto questo dopo che l’imprenditore ha giocato le sue carte scegliendo sceneggiatori, regia, autori, e musicisti e pertanto mettendo alla base del suo progetto persone, e non automi, dotate di personalità.
Dallo scontro o dall’incontro delle personalità nasce un’opera che può essere, nella migliore delle ipotesi, l’esatto risultato delle intenzioni o il mediocre risultato delle incomprensioni.
Ma anche le intenzioni devono corrispondere ad una intuizione se non perfetta quantomeno ben calibrata, perché è poi lo spettatore a dare il giudizio finale, e quando il prodotto è internazionale, lo spettatore mondiale.
Anche le legge e la politica possono condizionare il risultato: come noto in alcuni paesi è vietato parlare di temi sociali, è vietato persino il bacio tra personaggi, e gli imprenditori e i registi devono lavorare in clandestinità.
Ogni paese ha poi la propria cultura e le proprie inclinazioni, che si traducono in gusto e sensibilità: pertanto il produttore deve essere capace o di volare al di sopra di tutto senza sfiorare gli ambienti, o di insinuarsi in un contesto specifico cercando l’approvazione di chi lo frequenta.
Per questo la settima arte è complessa e richiede una specifica preparazione, che non è fornita da scuole o università ma da una esperienza pratica e da un senso della collettività, che è un talento che non tutti hanno.
Non è un caso, infatti, che quando un produttore indovina lo schema di un prodotto, tende a serializzarlo, convinto della capacità di interessare il pubblico conquistato inizialmente.
Nascono così le serie, sulla base di quella tranquillità produttiva che è merce rara, e che è purtroppo oggi prerogativa dell’utilizzo del tax credit come fine e non come mezzo.
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