Il compito che attende il nuovo ministro della cultura è almeno pari a quello necessario per sanare il deficit economico del nostro paese. Franceschini lascia un settore devastato da leggi sbagliate e da una incosciente attività di supporto alle lobby più potenti nonché alle aziende straniere dotate di mezzi e di accreditamento. Le medie piccole imprese, collocate prevalentemente nel Lazio, cioè la categoria più debole che in linea di principio il partito democratico avrebbe dovuto supportare, sono state danneggiate e quasi annientate da un plotone coeso di personaggi chiave, tra Anica, Rai, Ministero, Commissioni, Cinecittà, Siae. Franceschini è stato difeso da Rutelli, da Nastasi, dalle Commissioni ministeriali, da Rai Cinema, dalla Regione, e non c’è stato ambito nel quale non sia intervenuto. La stampa, che avrebbe dovuto rappresentare la verità dei fatti, la stessa stampa non ha mosso un dito per criticare gli interventi legislativi, il tutto mentre il cinema nazionale palesemente sprofondava a tutto vantaggio delle piattaforme e delle mayor straniere.
Al contrario c’è stata l’esaltazione di qualche prodotto meno disastroso e mentre gli incassi crollavano e lo Stato veniva saccheggiato tramite l’arma creata dalla legislazione del ministro, le fatture false, Franceschini annunciava al mondo che il settore era in piena ripresa e sempre più vitale. Mai per un attimo il ministro ha tentennato di fronte alla realtà dei fatti, mai ha avuto il coraggio di correggere quella deriva provocata dal tax credit e dalla burocrazia: sostenuto dai potentati del settore, da quei produttori che con il tax credit si sono comprati attici e barche, ringraziato da Anica per il suo sostegno, omaggiato dai produttori televisivi, spalleggiato da Leone, ha terminato il suo compito avendo distrutto il cinema nazionale. Il nuovo Ministro trova un terreno dissestato ancora gestito dai reduci di Franceschini, che prima di partire ha messo Nastasi alla Presidenza della Siae in sostituzione di Blandini corso a rifugiarsi nella Lega Calcio prima che si scoprano i numeri della sua gestione. Non sarà facile rimediare a tanti errori, primo dei quali il tax credit, che ancora oggi, mentre ci diminuiscono il riscaldamento, consente la produzione di film e fiction di nessun valore e di nessun interesse. Ma la presenza di un nuovo Ministro ha fatto tirare un sospiro di sollievo a centinaia di produttori indipendenti pronti a dimostrare che il cinema, quello vero, è creato dalla libertà di espressione e non dai burocrati. Tutti sperano in una revisione delle norme, in una corretta applicazione dei contributi e nella sanatoria dei debiti pregressi dello Stato ma soprattutto in una nuova mentalità produttiva, che rimetta al centro del prodotto la buona scrittura, la professionalità ed i ruoli, cancellando gli elementi che Franceschini ha valorizzato, e cioè la discrezionalità, l’assenza di controlli e la burocrazia compiacente.
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