Stefano De Sando, attore, cantante, ma soprattutto noto per essere da oltre trenta anni la voce di De Niro, in un’intervista a Spraynews, parla della sua carriera, del servizio mai uscito sull’incontro con la star di Hollywood, ma soprattutto del rapporto con Proietti a cui ha dedicato un video che sarà online nei prossimi giorni, in cui ricanta a modo suo, la notissima “Nun je dà retta Roma”.
Tra poco sarà diffuso un contenuto in cui ricorderà l’attore scomparso. Da dove nasce questo legame?
«Quando ho conosciuto televisivamente Proietti ho subito visto che era un attore straordinario al quale dovevo ispirarmi. Lo sentivo molto vicino alle mie corde. E’ stato per me sempre un grande riferimento. Un istinto emulativo nei suoi confronti è nato già all’età di 14 anni. L’ho sempre considerato un fratello maggiore. Posso dire di aver avuto due padri putativi, il grande maestro Gassman e Proietti per come cantava».
Quando si è innamorato del suo talento?
«Fu nello sceneggiato televisivo “il circolo Pickwick” di Dickens per la regia di Ugo Gregoretti del 1968. Da quella lontana sera della messa in onda della prima puntata fino al due novembre dello scorso anno, ho sempre sentito Proietti come un qualcuno di famiglia, a cui puoi rivolgerti quando hai bisogno di un consiglio».
Quale il rapporto negli anni tra voi?
«Non sono mai stato né suo amico, né suo conoscente, a eccezione di qualche sporadico incontro con la complicità di una chitarra a tarda notte e una mia piccola partecipazione nel Maresciallo Rocca, dove stavo quasi per ammazzarlo. Allo stesso tempo, però, negli anni Ottanta, il mio profondo legame con Gassman, che considero il mio maestro, alla luce della sua grande ammirazione per Proietti, me lo ha fatto certamente sentire sempre più vicino».
Nonostante stiamo parlando di un grande artista, spesso si tende a dimenticare. Proietti oggi viene ricordato quanto si dovrebbe?
«A mio parere sì. Non bisogna tentare di fare adesso il santino o il commiato di Proietti. Ritengo, invece, che debba essere ricordato, attraverso una canzone, con un video, insomma omaggi alla felicità che ci ha regalato. Stiamo parlando, comunque, di un attore molto celebrato e amato da sempre. Non mancherà mai, quindi, chi avrà il piacere di raccontare qualcosa su Gigi. Ne sono convinto, così come ritengo che avrà sempre posto nella memoria collettiva».
Ha mai pensato a un premio per omaggiarlo?
«Non mi piacciono queste cose. Metterò, invece, su internet un video dove verrà fuori quello che ho provato, emotivamente parlando, la sera che Gigi è scomparso. Con la chitarra, come ho fatto qualche volta con lui, infatti, ho ricantato, a modo mio, il suo cavallo di battaglia: “Nun je dà retta Roma”. E’ stato un incontro bellissimo e in modo particolare ricantare quel brano a modo mio un’emozione incredibile».
Ritornando al suo lavoro da doppiatore, quale il momento più significativo?
«Quando ho vinto il primo provino per Robert De Niro. Era il film Mission del 1986. E’ stato bellissimo».
Da oltre trenta anni è la voce ufficiale di De Niro. Lo ha mai incontrato?
«L’ho fatto e c’è un servizio che non è mai uscito. Ci sono degli scatti. Abbiamo fatto un lavoro fotografico insieme tre anni fa. L’anno scorso, quando ho ricevuto il premio Nastro d’Argento per aver doppiato De Niro in “The Irishman” ho portato una gigantografia di una nostra foto insieme».
Considerando la sua esperienza nel grande schermo, quale la sua idea di sviluppo del cinema?
«Nel film vince sempre la sceneggiatura. Sono gli autori cinematografici, che spesso mancano, soprattutto in Italia. Al momento non vedo grandi lavori. Ci sono film carini, ma niente di più. Il vero problema del cinema è chi scrive, prima ancora di chi lo gira. E’ una professione difficilissima e quelli bravi ne sono davvero pochi».
Come risolvere il problema?
«Il cinema ha bisogno degli autori, una categoria che deve crescere in base a quello che può fare e ottenere. E’ un lavoro che va pagato bene. Non dico a livello dei grandi letterati, ma quasi. E’ gente che porta pubblico e vita perché il cinema è essenza della nostra società. Considerando la disponibilità delle attuali piattaforme e della quantità di contenuto che si riceve, fiction e immagine possiamo dire che comandano il mondo. Esiste una realtà virtuale che sta prendendo il posto di quella reale. E’ tutto un bagaglio culturale che va mantenuto».
Quali i progetti per il futuro?
«Non lo so. Sono felice di quello che faccio e mi offrono. L’anno scorso ho partecipato a un film dove mi sono divertito molto, precisamente “Dna” con Lillo e Greg come protagonisti, dove ho fatto un personaggio molto divertente, la cui storia mi ha coinvolto e in cui c’era, riprendendo il discorso precedente, una bellissima sceneggiatura. Spero che mi ricapitino queste occasioni».
In Italia, pertanto, si può ancora lavorare bene?
«Certamente, se si punta sulla qualità. Sono ottimista e sono felice di tutto quanto accade a livello cinematografico. E’ un mondo nel quale mi ci trovo molto».
Rispetto al doppiaggio, ha già pensato a un prossimo personaggio?
«Sono pieno di lavoro, di oscar che doppio. Per cui mi basta così! La cosa che posso dire è che sono molto felice e appagato per quello che faccio, nonché delle persone con cui ho il piacere di collaborare. C’è grande rispetto tra me e i direttori di doppiaggio che poi sono quelli che mi danno il lavoro».
Di Edoardo Sirignano
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